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Un 1989 per il Maghreb e il Medio-Oriente?

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Ringrazio Michele per lo spazio che mi sta gentilmente concedendo per parlare di un tema che non riguarda nè la politica “nostrana” nè tanto meno quella nazionale, pur ricadendo inevitabilmente anche sulla nostra realtà. Mi voglio infatti “spogliare” dei panni di consigliere comunale dando giusto risalto a quanto sta accadendo sul continente africano (in particolare sul Nord Africa) e su quanto potrà accadere nei Paesi del Medio Oriente dopo i radicali cambiamenti politico-sociali dell’ultimo mese.


Prima però di inoltrarsi in questioni di geopolitica dobbiamo capire il significato di alcuni termini che spesso sentiamo in tv e leggiamo nei giornali.
Si parla di Maghreb per intendere la vasta zona più a ovest del nordafrica che si affaccia sul mar Mediterraneo e sull’Oceano Atlantico.
Ne fanno parte l’Algeria, la Tunisia, il Marocco e il Western Sahara, una zona quest’ultima (Sahara Occidentale) caratterizzata da grandissima instabilità politica e contrassegnata da gravi scontri interni dei quali quasi mai, anzi mai, sentiamo parlare.
Se parliamo invece di Grande Maghreb intendiamo oltre che i Paesi sopraindicati, anche Libia e Mauritania (dove pochi giorni fa è stata rapita una nostra connazionale da un gruppo di terroristi islamici vicini ad Al Qaeda).
Il cosiddetto Medio Oriente è invece la grande zona al confine tra i continenti di Africa e Asia, vasta zona di “cuscinetto”, comprendente non solo Israele e Palestina (si parla di “crisi in Medio Oriente” quando ahimè si fa la cronaca solo dei numerosi scontri tra questi due Paesi), ma anche Egitto, Siria, Libano, Yemen, Giordania, Iraq, Afghanistan, Iran, Pakistan e Arabia Saudita.
La maggior parte di questi Paesi (se non la totalità), sia del Maghreb, che del Grande Maghreb e del Medio Oriente hanno conosciuto nel corso del secolo scorso la dominazione europea, con lo strumento del mandato e/o del protettorato (la Società delle Nazioni cosi legittimava di fatto la presenza straniera in questi Stati), che significava totale asservimento e trattamento a mo’ di colonia.
Dalla fine della seconda guerra mondiale in poi (con alcune eccezioni risalenti anche al periodo precedente il secondo conflitto mondiale) i Paesi europei presenti in questi Stati (su tutti Francia ed Inghilterra), usciti stremati, seppur vincitori, dal conflitto mondiale, decidevano di ritirarsi da questi Paesi, facendo ciò in momenti diversi l’uno dall’altro (per es. per Tunisia e Marocco il ’56 è l’anno dell’indipendenza dalla Francia, il 1962 per l’Algeria) e dando il via al cosiddetto periodo della decolonizzazione.
In quegli anni fu messo in pratica il principio di diritto internazionale dell’autodeterminazione, con il quale i popoli (come elemento caratterizzante lo Stato, al pari di territorio e sovranità) doveva scegliere a chi assoggettarsi, ovvero scegliersi i governanti.
Sorsero presto in questi Paesi – ricordando come costante da inizio anni ’50 in poi l’interminabile serie di conflitti arabo-israeliani – veri e propri regimi dittatoriali di persone che con colpi di stato o elezioni “ad personam” finirono per assoggettare il popolo instaurando periodi di terrore e di vita antidemocratica.
Anche questa tappa non è stata simultanea per tutti i Paesi interessati.
Una costante in questi Paesi è però sempre stata la crescente influenza dei movimenti islamici, che pian piano hanno saputo passare dalla società civile alla realtà politica. Bisogna qui stare molto attenti a considerare tali movimenti tutti uguali tra loro e sopratutto a non “riunirli” nel famoso “integralismo islamico”. Molti di questi movimenti, per esempio quello adesso attuale dei fratelli Musulmani egiziani, non hanno si sono mai resi protagonisti di atti di terrorismo nella propria storia.
Altra cosa sono invece AlQaeda, gli Hezbollah del Libano, Hamas in Palestina, gruppi questi si, con un braccio armato terroristico.
Lo scenario odierno, all’indomani della cacciata di Ben Ali in Tunisia e di Mubarak in Egitto – veniamo cosi finalmente ai giorni nostri – non può fare a meno di considerare come necessari al tavolo della concertazione governativa anche questi gruppi islamici (nella loro parte non integralisti e violenta), sempre più presenti nella realtà sociale e civile di questi Stati.
E’ importante sapere che  l’Europa ha avuto e ha ancora un ruolo fondamentale per ciò che accade in questa parte di mondo. Ha avuto un ruolo senza dubbio negativo quando ha assoggettato questi popoli per poi lasciarli al loro destino dando il la a feroci scontri civili e momenti di grande instabilità politica.
Ha però un ruolo determinante in questa fase di rivoluzioni culturali “moderne” .
Un ruolo da condividere con una “parte di Stato” sempre protagonista nei momenti di profondi e violenti cambiamenti in un Paese, ovvero l’Esercito.
Ma rimaniamo per un attimo al primo aspetto, quello dell’Europa.
Chi adesso guida questi movimenti di opposizione al regime si è formato culturalmente in Europa (talvolta anche forzatamente), ha conosciuto cosa è la libertà di espressione e di parola. Ha osservato da vicino la libertà del “fare opposizione”; è tornato in patria e adesso è li in piazza per dare una svolta a sè stesso e al proprio Paese.
E può fare ciò grazie ad uno strumento tipico della globalizzazione e di matrice palesemente occidentale e moderno: il Social network che è diventato un “Social net-world”.
Con questo potentissimo strumento è stato possibile valicare i confini naturali di questi Stati, arrivare in tutti i Paesi che in un generale ammodernamento hanno permesso questa tecnologia. Regimi che hanno puntato sulla formazione dei propri giovani in Europa e negli States, per stare al passo dei Paesi Occidentali e che adesso si ritrovano puniti dagli stessi giovani. Un vero e proprio boomerang culturale.
Ecco che allora dal punto di vista geopolitico è facile intuire quale sarà l’escalation (il cosiddetto effetto domino) di questo ’89 dei Paesi del Maghreb e del Medio Oriente.
Gli storici regimi di questi Paesi con un buono sviluppo economico e con una buona emancipazione della generazione dei giovani sono costretti a veder decidere da altri il proprio futuro e destino.
Dopo la Tunisia e l’Egitto, potrebbe essere il momento dell’ Iran (contro il regime degli ayatollah), della Giordania e dello Yemen, paesi in cui la repressione verso le opposizioni è dilagante, cosi come però la grande spinta giovanile.
La base è la conoscenza….e il passo dal web alla piazza è veramente corto. E la piazza in questi Paesi rappresenta un punto di non ritorno. Chi scende e si espone lo fa per tornarsene a casa con qualcosa: diritti e libertà.
E poi…. quali altri Paesi potrebbero conoscere lo stesso destino?Bè…viene in mente la Libia del generale Gheddafi che con un colpo di stato detiene il potere dal lontano 1969. Oppure l’Algeria (anche se troppo fresche sono le ferite provocate dai gravi scontri di piazza del 2001, dove morirono più di 100 persone nella cosiddetta primavera nera).
Tutto però passa dal secondo degli aspetti citati, quello cioè dell’esercito.
Nei Paesi in cui l’esercito è esclusivamente mercenario difficile sarà pensare ad un pieno coinvolgimento della popolazione civile in questa rivoluzione culturale. Di solito i gerarchi sono fedeli al regime ed è facile intuire il perchè. Laddove invece esiste ancora il servizio di leva anche se non nella totalità delle forze armate, allora il “mix giovani del web” più “giovani dell’esercito” può essere veramente esplosivo.
Staremo a vedere…. l’89 di questi Paesi è a parer mio appena cominciato. Ed è un punto di non ritorno dal quale noi, come Unione Europea non possiamo sottrarci dalle nostre responsabilità. Una di queste in questo momento è una regola generale del Diritto Internazionale. Il principio di non ingerenza negli Stati stranieri.
Dovremmo parlare del ruolo dei movimenti islamici in queste “rivoluzioni culturali”, andando ad analizzare le grandi differenze che esistono tra i vari gruppi, tra gruppi sunniti e sciiti etc….
Questo sarà magari il contenuto del prossimo mio intervento.

 

Ricordando sempre che come dice De Gregori

“E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare”

 

Alla prossima

Riccardo Torresi

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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Michele Lupetti

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