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Ho letto con grande interesse l’analisi di Giulia Simeoni, mia collega nello studio delle Relazioni Internazionali e non basterebbe un intero giorno per discutere circa l’opportunità o meno dell’intervento armato in Libia. Mi limito però a sottolineare alcuni, secondo me fondamentali, aspetti:
– necessaria riforma dell’Onu che non appare più idoneo a rispondere alle attuali esigenze internazionali;
– incapacità DIPLOMATICA italiana, e bada bene non dei nostri ambasciatori all’estero (l’Ambasciata a Tripoli è stata chiusa ben prima della risoluzione 1973), ma dei personaggi politici che sia di destra che di sinistra dovrebbero essere esperti nella diplomazia;
– la Carta Onu attuale, come hai detto tu, contempla la possibilità di interventi anche di uno solo o alcuni Paesi (senza coordinamento Nato), quindi l’operazione “Odissea dawn”, nolenti o volenti è pienamente legittimata, cosi come nel caso di Iraq e Afghanistan (risoluzioni sempre presenti);
– la Francia ha strappato la leadership dell’operazione cavalcando l’onda della delusione pubblica interna relativa all’operazione Tunisia, e lo ha fatto per interessi post Gheddafi
– troppe sono le guerre civili e le dittature “dimenticate” ma questo rientra nella doverosa ed ora obbligatoria riforma dell’Onu, a meno che non ci mettiamo l’anima in pace parliamo di inesistenza del diritto internazionale (il mio Prof. Di Dir.Intern. Focarelli parlava in questi termini già 7 anni fa, relativamente all’inadeguato Onu post guerra fredda)
– questa operazione ha ancor di più evidenziato l’insufficiente preparazione dell’Unione Europea. Poteva essere un bel banco di prova che è stato fallito. L’Unione non è pronta per “parlare” con una sola voce in tema di PESC.
A questo punto mi sorge però anche un dubbio.
Se praticamente tutti i partiti (anche di sinistra!) hanno avallato l’intervento Onu e perfino Dario Fo (si, proprio lui) ha lodato l’intervento francese,
– dove sono finiti i veri pacifisti?
Non sarebbe coerente a parer mio pensar che questa sia una guerra “giusta” solo perchè l’America è quella di Obama e non quella del “guerrafondaio” Bush. Significherebbe aver strumentalizzato troppe volte le morti civili e militari italiane o non.
Gli Usa hanno “lasciato” l’onere dello “start” all’Europa ma poi sono pienamente attivi nell’operazione. (ricordo che nel primo giorno di combattimento, 100 missili cruise USA sono stati lanciati su Tripoli).
Altra cosa che condivido con Giulia è la preoccupazione del dopo Gheddafi. raggiunto oramai un punto di non ritorno bisogna cominciare a pensare a chi sono e saranno gli interlocutori del futuro. Bisogna sperare di trovare, non solo in Libia, ma anche nei Paesi “rivoltosi”, figure di spicco, anche giovani, che possano rappresentare credibilità. Per intenderci bisogna sperare di trovare i nuovi Walesa i nuovi Gorbacev etc…
Allora si che potremmo parlare di un nuovo ’89 in questa parte di mondo a noi molto vicina.
Per concludere tre sembrano essere i punti cruciali, e perché no, anche insegnamenti, da ricordare:
1- la Diplomazia degli affari è stata considerata fino ad oggi inconciliabile con quella dei diritti. Errore. La Diplomazia dei Diritti potrebbe addirittura favorire quella degli affari.
2- il Fallimento della logica del male minore, che ha portato a sostenere per tanto, troppo tempo i regimi che si presentavano all’Occidente come “argini” nei confronti del fondamentalismo islamico, Sono stati invece causa di grande instabilità interna.
3- la falsa visione della cosiddetta nebulosa indistinta, cioè il concepire tutto l’Islam come una nebulosa fondamentalista, ovvero jihadista nonchè qaedista. E’ stata persa cioè la distinzione fondamentale e necessaria tra movimenti islamo-nazionali e movimenti extranazionali. Due dinamiche diverse che meritano approcci diversi. CIò significa anche non aver paura.
RICCARDO TORRESI,
LAUREATO IN RELAZIONI INTERNAZIONALI CON MASTER IN GEOPOLITICA
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