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“Le differenze con i colleghi degli altri paesi non si limitano al solo aspetto giuridico della professione, ma vanno ben al di là, affondando le radici in un corpus sociale che il più delle volte ha visto l’informazione come un’ancella della politica, ovvero come un’attività legata agli umori del potere, più tesa a creare consenso, o quanto meno ad attenuare il dissenso, che a diffondere fatti e valutazioni”.
Lo ricorda Michele Partipilo nel volume “La deontologia del giornalista”, fra l’altro regalatomi dall’Ordine, cosa da non sottovalutare, in un capitolo dal nome “Chi sono i giornalisti italiani”. Beh, questa non è di certo una cosa nuova, e la stiamo constatando anche da quello che sta avvenendo in questo momento nel nostro paese, un paese, che sembra scomparso dall’informazione giornalistica, a favore di molte ed inutili informazioni su un singolo uomo. Per quanto mi riguarda, e lo dico in modo molto popolare, me ne infischio della vita privata di costui, della vita di tutte le sue donne (esistenti o meno). Mi chiedo invece: dov’è finito il nostro paese? Dell’Italia non sappiamo più niente, mentre di quell’uomo tutto. Dell’Italia sappiamo che ogni tanto c’è qualche rapina, morti in guerra e sappiamo persino chi ha vinto tra Milan e Catania. Alla mattina, a pranzo, a cena, siamo costretti a subirci le più ridicole interviste sulle vicende più superficiali. È vero, ogni tanto la tv ci fa vedere anche qualche immagine struggente, di uomini rimasti uccisi e di donne in lacrime, e delle volte riesce anche a trasformare assassini in eroi. Ecco a cosa si è ridotto il nostro giornalismo: a sporcizia. Dell’Italia cosa sappiamo? Del nostro bel paese di poeti, artisti, navigatori e tutto il resto? Niente! Assolutamente niente! E io da questo modo d’informare d’effetto, campanilista, senza un minimo di criterio e di obiettività, me ne discosto, nel nome del mio Ordine, nel nome vero del Giornalista, perché il giornalismo non può essere finzione e spettacolarità … per quello basta il cinema.
Stefano Duranti Poccetti