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(Perchè lotto contro) l’inflazione delle foto

{rokbox title=| :: |}images/lucatrippi1.jpg{/rokbox}Lunedì 14 gennaio 2008, sul mio blog, pubblicavo questo caustico e raggelante intervento:

Perchè a me non piace (ri)vedere le foto vecchie, mettermi seduto a sfogliare album di famiglia ingialliti?
Perchè, se ci provo, riesco solo a concentrarmi sulle persone che sono morte, su quelle che hanno avuto tragici cambiamenti, su quelle che non sorridono, su quelle che guardano con odio il fotografo – consapevoli già in quell’istante che ogni foto ferma il tempo e solo quello, che quell’istante resterà lì, fermo e per sempre, pronto a farsi (ri)vivere nei secoli e nei secoli?

Nel gennaio 2008 Facebook in Italia ancora non era nato e le fotocamere digitali esistevano ma una 7 mega pixel costava un occhio della testa. E poi – siamo onesti – che gusto c’era a riempire le microSD di foto, se tanto quando ti andava di lusso venivano viste solo dai tuoi amici intimi?

Quando ho riproposto lo stesso intervento a un pubblico più folto, e cioè proprio su Fb, cercando in maniera subdola delle risposte ai miei quesiti, mi sono sentito rispondere che anche le parole fermano il tempo. Le parole scritte, of course.

Clic. Doppio Clic. Ci risiamo: devo ribadire un concetto già espresso a riguardo delle chat: le foto e i blog sono diabolici, perché hanno il potere di rendere eterno ciò che dalla natura è stato creato per essere immediato e transitorio. Le foto, in particolar modo quando immortalano un soggetto in movimento, sono creature del diavolo perché contraddicono una volontà divina. Del resto, cosa c’è di più diabolico del verbo immortalare?
Quindi, lo step successivo è: sono terrorizzato dalle foto perché ho paura del diavolo? Quel diavoletto rosso che spinge all’insù il sorriso di un fotografato anche se questi è depresso, o che fa contrarre i glutei di una modella sulla passerella di una sfilata? Il problema non è così semplice. Infatti io stesso amo fare Foto – che lo faccia spesso con l’intento di trasmettere un messaggio, come se la Foto fosse un’opera d’arte, è una mania personale che svincola dalle intenzioni del nostro topic. Però, pur  amando le cosiddette Foto non in posa, quelle cioè dove la spontaneità del soggetto dovrebbe essere autentica al 100%, un brivido gelido mi ha immobilizzato quando mi sono accorto che molto spesso quella non posa era stata ricercata e addirittura preventivata. Come quegli scrittori che vogliono dare l’impressione di scrivere di getto, e invece si viene a sapere che riflettono tre ore prima di scrivere una frase.

La non posa ricercata è senz’altro un ossimoro traumatizzante, ma quando riguarda le Mie Foto è attenuato dalla rassegnata e necessaria considerazione che tutti gli strumenti mediatici, in quanto mediatici, filtrano per forza di cose il rapporto fra Soggetto Osservante e Oggetto Osservato, trasformando questo in un qualcosa di artificioso, quindi artistico. Per intenderci: basta inserire o togliere il flash, per cambiare completamente una foto.

In quest’ottica, quindi, faccio di necessità virtù: non potendo eliminare il filtro della fotocamera, e dovendo ritenere qualsiasi foto un oggetto artistico, allora mi perdono la ricercatezza della non posa. Se ha da essere arte, che almeno abbia un senso! (Interludio: ora si capisce perché odio con tutto il cuore chi scatta a foto a random e in continuazione, approfittando del fatto che le microSD possono salvarne a centinaia e che comunque si possono cancellare liberamente).

Sorge una domanda: e quando invece si tratta di altri soggetti? Assodato che l’autenticità fotografica è un’utopia, rivedere Foto altrui, a mesi-anni di distanza, mi destabilizza perché non ne comprendo il grado di immediatezza. Fin qui però niente di anormale, anzi mi si potrebbe obiettare: “ma che ti frega a te se quel sorriso era sincero o no?”. Il terzo clic infatti, quello che negli ultimi giorni mi ha fatto venire la voglia di buttare dalla finestra il monitor del pc, scatta più in là, scatta quando quelle foto mi vengono spiattellate davanti allo sguardo all’improvviso, a mia insaputa. Come un album fotografico pesante che ti cade in testa mentre cammini accanto alla libreria. Ti potrebbe stendere dal dolore.

Maniaco delle Occasioni-Oggetto (e non esiste occasione-oggetto più efficace di una foto), rivedere su Fb foto del passato di altre persone senza averlo chiesto implica che non sono io che ho ricercato l’Occasione, ma è lei che mi ha catturato: vengo attirato nel vortice dei corsi e ricorsi storici, sono trascinato con forza dentro l’ episodio della vita di quella persona, estirpato dal flusso della realtà per essere consegnato in una dimensione atemporale e aspaziale, in una dimensione cioè soprannaturale, quindi divina. Anzi: diabolica.

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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Michele Lupetti

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