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Irons Bros go… On the move!

Abbiamo rimuginato per qualche minuto, davanti alle fotografie della sezione Hunters di questa edizione di Cortona On The Move, la splendida rassegna sulla fotografia in viaggio che ha arricchito Cortona negli ultimi due mesi (e che si conclude domani, per cui andateci subito). Hunters, “cacciatori”, è la rassegna dedicata alla caccia e ai safari dal sudafricano (benché britannico di nascita) David Chancellor, e non poteva trovare accoglienza migliore che nel recondito ex Magazzino delle carni, proprio dietro alle Poste, dove non avresti mai immaginato uno spazio tanto grande.

Il motivo dei nostri sovrumani silenzi stava nel venire fuore, via via più evidente e brillante, la logica di fondo che tiene insieme il festival: quella della tassidermia, di cui viene offerta una plastica rappresentazione in una splendida foto che riprende lo studio di un imbalsamatore. Imbalsamare, ossia tentare di portare indietro le lancette dell’orologio per restituire alla mobilità e alla fluviale evoluzione dei tempi il momento perfetto, l’istante epico, il kairòs. E la fotografia cos’è, se non una economica forma di tassidermia visiva? Restituire un momento che mai più tornerà, restituirlo da una singola prospettiva – così come accade coi ricordi.

Quest’effetto emerge in misura maggiore nelle due belle rassegne di Palazzo Ferretti (dove troverete il quartier generale della mostra, con tanto di libreria) e di Vicolo del Gesù, dedicate rispettivamente all’archivio fotografico di Alitalia e alla Cortona interpretata dal grande amico Allen Matthews (scomparso da poco). In entrambi i casi, ad essere illustrati erano istanti perduti, istantanee di un mondo tramontato e mai più presente.
La mostra sulla nostra compagnia di bandiera costituisce il risultato di un’iniziativa meritoria degli organizzatori del festival, Antonio Carloni e Arianna Rinaldo (che mai, da cortonesi, smetteremo di ringraziare). I nostri eroi si sono messi a scavare nell’immenso archivio di diapositive conservato dalla compagnia a Fiumicino, recuperando il materiale più interessante, visto che ancora non era stata effettuata alcuna selezione dello stesso. Splendido. Ti passano davanti Modugno, Mastroianni, Giuliano Gemma, Bud Spencer, l’esuberante Debbie Reynolds, numerose hostess senza nome, calate nella parte grazie al sorriso d’ordinanza. Immagini di uno star system italiano ormai perduto, che fanno il paio con la Cortona impietosamente neorealistica raffigurata in bianco e nero dal compianto Matthews ed esposta sotto al Duomo.

Salire su all’Ospedale ti fa capire che il progetto tassidermico è completo. Sarà che, come molti dei lettori, lì al vecchio edificio in Poggio ci siamo nati, ma fatto sta che visitarlo è sempre un brivido. Questa magione dalle dimensioni esorbitanti ha ancora il sapore di disinfettante, e l’opera di “recupero” compiuta da chi ha allestito la mostra è consistita – giustamente – in qualche semplice orpello, tanto per rendere un po’ meno fredda la casa stregata. La cappella del piano inferiore, in cui si mostrano le installazioni video di Jean-Gabriel Périot (Dies Irae) e Paul Gaffney (We make the path by walking, “ci facciamo strada camminando”), al ritmo di oniriche musiche orientali, ti avvolge e non ti lascia più, accrescendo l’effetto di stordimento straniante che dà il visitare un ospedale rimasto tale e quale ma con altre funzioni.
Delle mostre in questa sede, ricordiamo quella di Zed Nelson sulla civiltà dell’immagine e la chirurgia estetica, ma pure quella a cura di James Wellford e Marion Durand su Newsweek, storica rivista americana da poco passata alla sola edizione online – i tempi cambiano, bellezza. Non dimentichiamo, inoltre, l’agghiacciante ricognizione sul degrado urbano della costa casertana a cura di Salvatore Santoro (Saluti da Pineta Mare) e i bellissimi ritratti a cura di Francesca Nicolosi, tra le autrici più interessanti dell’OFF Circuit.

La nostra ascensione in vetta prosegue con la visita all’enorme – l’avreste detto? Noi giovanotti proprio non ce la immaginavamo così – chiesa di Sant’Antonio abate, protettore degli animali. L’intera struttura è dedicata alla rassegna di Christian Lutz Trilogy, sapientemente suddivisa nelle tre navate. Le sezioni che la costituiscono sono Protocollo (le attività di una delegazione ministeriale svizzera), Regalo tropicale (sull’estrazione del petrolio in Nigeria) e Nel nome di Gesù (un anno a contatto con la comunità evangelica di Zurigo – i volti di alcuni protagonisti sono censurati a seguito di una causa da loro intentata per proteggere la propria privacy). Politica-economia-religione: i pilastri che reggono il mondo, direbbe qualcuno.

La Fortezza medicea, placida regina appollaiata sulla vetta, si raggiunge a piedi con fatica, ma lo sforzo è ripagato da allestimenti meravigliosi come Taking my time, dell’americano Joel Meyerowitz, che ripercorre la sua quarantennale carriera con una selezione di luoghi e non luoghi (New York, Parigi, Toscana, ground zero…). Bellissime le foto “doppie” con lo stesso soggetto ripreso a colori, nella sua umana quotidianità, ed eternato in un maestoso bianco e nero. Negli altri spazi della fortezza incontriamo inoltre The third rider di Alfons Rodriguez (sulla malnutrizione nel mondo), Nomad di Jeroen Toirkens (sulla popolazione dell’estremo nord del mondo), Tourists in the enviroment di Gabor Arion Kudasz (sugli sciami di esseri umani nelle aree turistiche).

Scegliere Cortona come sede dell’ampio percorso che abbiamo descritto non appare casuale. Anche il centro storico pare avvolto da uno strato di formalina, via via abbandonato dai residenti e resuscitato, come in una bella foto, in quelle splendide giornate estive che la vedono piena di turisti. Fuori dalla stagione turistica, il vuoto, l’abbandono e il niente son la sua malattia. Ma forse sono proprio eventi come questo a creare le condizioni per riportare il tempo indietro. Forse è una cura omeopatica, questo On the move, un metterci di fronte a quello che si può fare, recuperando spazi, ridando vita a non-luoghi per riportare la nostra città alla vita d’un tempo. Chissà: il tempo ci dirà se questi insperati pionieri troveranno seguaci, non solo sulla carta ma anche nella vita vera.

P.S. Menzione d’onore meritano i bellissimi disegni di Aleksander Mazzurkiewicz (ci si perdonino errori di grafia), che hanno impreziosito locations come l’Ospedale (la scalinata che porta al piano inferiore e l’area all’ingresso a sinistra) e il Magazzino delle carni. Opere incantevoli, che spezzano la severa maestosità che li attornia come un bambino che con un dito tocca una bolla di sapone.

P.P.S. Ricordiamo che la mostra rimane aperta oggi e domani dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20 (tranne la Fortezza medicea, che chiude alle 19).

Irons Brothers

L'uno cordiale e sognatore, l'altro cinico e bicchiermezzovuotista (o forse solo sognatore in via di dismissione), Daniele e Alessandro Ferri si affacciano al mondo quando sulla scena pubblica ci sono Silvio Berlusconi, Michele Santoro e Beppe Grillo. Raggiunto il traguardo del quarto di secolo, se li trovano ancora tra i piedi, e anestetizzano il dolore che ne consegue dedicandosi in tutto e per tutto alla buona musica.

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  • GRAZIE GRAZIE GRAZIE ...
    nessun giornalista di nessun'altra testata ha capito fino in fondo la logica di questa iniziativa come i due fratelli di ferro...
    Antonio

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Irons Brothers

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