{rokbox title=| :: |}images/sadam4.jpg{/rokbox}Scriveva venerdì scorso Piero Rossi su Il Corriere di Arezzo che all’assemblea popolare di Poggio Ciliegio (amena frazione nel comune di Arezzo, ma funzionalmente sotto l’egida di Castiglion Fiorentino), che si è svolta mercoledì 8 settembre, hanno partecipato oltre 200 persone. Per chi ancora non l’avesse capito, l’assemblea aveva come ordine del giorno la discussione sull’ipotesi della costruzione di una centrale a biomasse in quella zona, cioè un territorio al confine fra tre comuni e che rappresenta, sia a livello paesaggistico che simbolico, l’epicentro della Valdichiana aretina.
Erano anni che volevo intervenire su questo argomento spinoso: dentro di me ribollivano numeri, sentimenti, esperienze, pro e contro, girasoli e rifiuti. E non riuscivo a dare un ordine logico: nemmeno oggi la Power Crop (l’azienda joint venture nata di recente dall’accordo fra Actelios, società del Gruppo Falck, e la SECI Energia) mi sembra la detentrice del Benessere Sociale e della Verità Suprema, ma leggendo della nuova ubicazione della centrale mi è venuto da ridere. Oltre il danno, la beffa. O come ha detto mio nonno: il mal voluto ‘nn’è mai troppo. Non solo il Comitato Tutela Valdichiana non è ancora riuscito a evitare il fantasma della centrale, ma addirittura esso compare, come un dio Pan che a fine agosto sorride facendo capolino dai girasoli chianini, in un’area che a livello estetico-ambientale-turistico ha un indice di qualità molto più alto rispetto all’area dell’ex Zuccherificio. A scanso di equivoci: chi sta dicendo questo abita a 375 metri dal punto in cui fino al 2004 sorgeva il deposito di zucchero!
(A onor del vero, puntualizzo comunque che il progetto ha abbandonato l’ipotesi della localizzazione nell’area dello Zucceherificio per problemi di “pericolosità idraulica”. )
Ammetto che, a parte la vicenda ex-Sadam, questioni di tale genere non attirano più di tanto la mia attenzione, e inoltre ritengo che non abbia le conoscenze scientifiche adatte per fare un ragionamento organico. Non so niente dell’argomento Renaia, per esempio. E pochissimo sulle oscure diatribe a riguardo dell’inceneritore di San Zeno.
Eppure, quell’assemblea ha mosso qualcosa dentro di me.
200 esseri umani, statisticamente (o meglio: “a occhio e croce”):
a)si sono recati alla chiesa di Poggio Ciliegio con 100 automobili. Considerando un’emissione di CO2 media di 100 g/km, e considerando che per recarsi alla riunione hanno fatto (in media) 3 km, abbiamo che solo quella sera i nostri hanno rilasciato 30 kg di CO2 nell’aria.
b)hanno 150 televisori in casa, di cui un buon 70% viene lasciato con il led di stand-by acceso per tutta la notte.
c)vivendo in una cultura CC (“catto-commerciale”), dall’8 dicembre al 6 gennaio illuminano la propria abitazione con scintillanti luci di Natale.
d)dopo cena, prima di andare all’assemblea, hanno gettato via il cestino della spazzatura contenente 1,4 kg di rifiuti. Considerando che in Toscana la raccolta differenziata viene effettuata dal 22% della popolazione, ne deriva che 1,20 kg di rifiuti quel cestino finirà in discarica. Moltiplicato per 200, fa 240 kg in una sera.
e)parlano spesso della salvaguardia paesaggistica della Valdichiana, ma se avessero la forza di volontà di pedalare sul Sentiero della Bonifica si accorgerebbero che un ciclista mediocre lungo questo percorso raggiunge San Zeno in poco più mezz’ora: ergo, in linea d’aria, l’inceneritore si trova a nemmeno 15 km. Ergo: perché concentrare tutti gli sforzi polemici solo su un impianto che ancora rimane allo stato di progetto?
Tutti sanno che è giunta l’ora di prendere seri provvedimenti per ridimensionare il rapporto Uomo-Natura che per almeno due secoli è stato distorto e manipolato in favore del primo. Tutti inneggiano all’Ecologia e allo Sviluppo Sostenibile. Ma, non potendo cambiare la storia con tre comitati, due cortei e una pubblicità-progresso, e preso atto che – perlomeno nel breve periodo – è impossibile il ritorno al modus vivendi medievale (quanti di noi sanno andare a cavallo?), io affronterei la situazione senza allarmismi retorici. E con la consapevolezza che, se vogliamo utilizzare tutti i nostri comfort quotidiani, da qualche parte l’energia toccherà pur ricavarla.
Se non è a Poggio Ciliegio, sarà a Canicattì.
Poi però ci andate voi a parlare con i Canicattesi (o Canicattinesi?)
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