Tassa di soggiorno. Venerdi’ 9 ne discuteranno in assemblea associazioni di categoria, sindacati e cooperative.
Le polemiche sul contributo che i villeggianti e turisti dovrebbero versare (se secondo il “modello Firenze”, un euro a stella per ogni notte in una struttura turistica del territorio), scelta già adottata da San Gimignano, Montepulciano (nella forma di un fondo per il territorio) e presto anche a Siena, a Chianciano cadono in un pentolone senza fondo in cui già galleggiano da tempo scontri politici, proposte, progetti fermi, crisi generale, termalismo in affanno. Dentro la metafora, a turno politica e addetti ai lavori armati di cucchiaione uso fionda si lanciano a turno questi, diremmo, ameni prodotti di stagione. Sul tema in questione, la battaglia si gioca sui veri o presunti effetti che l’imposta potrebbe avere, considerata la dichiarata compromissione del sistema turistico-ricettivo culminata nella recente richiesta dello stato di crisi. Asshotel Confesercenti, la nuova associazione degli albergatori Chiancianesi, fa sapere di essere disposta a discutere l’introduzione della tassa, ma le risorse raccolte dovranno avere un vincolo di destinazione, ovvero tradursi in iniziative in grado di fornire ai clienti vantaggi nella rete commerciale e servizi esclusivi. L’dea di Federalberghi –Associazione Albergatori è invece quella di “una tassa di scopo non basata sulle presenze turistiche, una tassa alla quale tutte le categorie economiche dovrebbero contribuire, finalizzata alla riqualificazione delle aziende stesse, nonché al miglioramento dell’offerta turistica”. Il balzello sui turisti, precisa l’associazione, danneggia un comparto che sconta l’errore di aver perso in competitività e in potere contrattuale nei confronti dei clienti e degli stessi tour operator (che ora mediano il 50% delle presenze): “nell’ ipotesi più realistica il cliente chiederà di scontare l’importo dalla tassa di soggiorno dal proprio conto, e il tour operator chiederà di ridurre i prezzi dei contratti e di considerare la tassa di soggiorno una sorta di costo occulto a carico dell’albergo se questi vuole rinnovare il contratto per gli anni successivi”. Il Pdl rilancia la questione: no alla tassa, Chianciano non ha il mercato di una città d’arte. In una cittadina dove il contenimento dei prezzi è una delle leve per attirare le utenze,il meccanismo della ricaduta della tassa sugli stessi operatori annullerebbe definitivamente il margine dei loro guadagni. L’attacco al Pd e alle intenzioni della giunta Ferranti non è affatto velato, e il segretario comunale Massimo Rondoni nei giorni scorsi ha risposto sottolineando chi sono i destinatari della tassa, ovvero i turisti, e leggendo invece nell’imposta “un’ opportunità di trovare risorse aggiuntive da destinare come leva alla commercializzazione della nostra destinazione”, auspicando una soluzione fra albergatori e amministrazione per intraprendere il rilancio. Intanto il ponte dell’Immacolata nella cittadina fa registrare una forte diminuzione delle prenotazioni rispetto allo scorso anno e rispetto ai dati del ponte pasquale, dove invece le presenze avevano fatto sperare in una piccola ripresa. In questi giorni sono aperte solo le terme sensoriali e quelle strutture dotate di centro benessere, ma i numeri sono variabili, perché il turista, segno dei tempi, prenota on line a ridosso della data di soggiorno, seleziona con cura i last minute oppure arriva direttamente nella struttura ricettiva. Anche Roberto Mannucci, presidente della cooperativa Chianciano Associazione Turistica ha parlato dell’imminente decisione del comune di adottare la tassa di soggiorno: “Lo dovrà fare puntando sulla valorizzazione e la promozione del “prodotto-Chianciano”. Se deve essere solo uno strumento per alimentare le casse del Comune, peraltro rinfrancate dalla nuova introduzione dell’Ici, allora l’imposta non deve essere adottata”. Sul tema intanto in Provincia è stata richiesta l’attivazione di un percorso coordinato di confronto e concertazione tra comuni e associazioni di categoria. La libertà conferita ai comuni dal federalismo fiscale e le consolidate politiche di promozione turistica finora impostate “per area”, devono continuare a collimare.
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