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Sarò molto più scontato degli altri …..ma per me la storia è storia. Nessuno l’ha scelto … e invece, nolenti o volenti a lui bisogna saper dir grazie. Si potrebbe paragonare alla figura di un ragno che tesse la sua tela con incredibile genialità ed abilità; il Conte di Cavour ha vestito un ruolo fondamentale nella storia del nostro paese. Designato spesso negativamente come padre di quel trasformismo che ha fatto dell’Italia una nazione profondamente camaleontica privandola di gran parte della sua identità politica, ha comunque segnato – ecco la storia – il destino di questa nazione che può solo ammettere di dovergli tanto.
Ecco il perché:CAMILLO BENSO CONTE DI CAVOUR
Eccellente statista, fautore del centrismo e del connubio tra Destra e Sinistra e Primo Ministro del Regno d’Italia, fu uno dei principali protagonisti del Risorgimento italiano. Profondamente liberale, trasformò il Piemonte in quello “Stato Moderno” che solo tramite il “respiro europeo” da lui fornitogli, si sarebbe potuto presentare come centro di aggregazione delle istanze nazionali italiane. Nel ’48 in pieni movimenti carbonari fu eletto deputato, Ministro dell’Agricoltura prima, delle Finanze poi, e infine, nel ‘52, Capo del Governo. Grande merito dello statista italiano, fu quello di saper proporre una politica di riforme che contava sull’appoggio della classe dirigente piemontese, la borghesia. Non bisogna però confondere il riconoscimento della necessità di un input di “renovatio” di cui l’Italia aveva assoluto bisogno, con l’adesione alle idee rivoluzionarie dell’”Apostolo” dell’Unità che non coincidevano in nulla con l’ideologia cavouriana iniziale. Infatti, il Primo Ministro italiano si decise solamente durante la seconda guerra d’indipendenza ad accettare, più che parteggiare, quell’unità d’Italia tanto agognata da un Mazzini che aveva già segnato la sua fine con l’ultimo moto, dove l’amico Pisacane si era ucciso, consapevole di aver fatto suonare la “requiem eternam” del patriota italiano. Salì al governo nel 1852, dopo aver sottratto la maggioranza parlamentare al controllo di D’Azeglio e persino a quello di Vittorio Emanuele II, in seguito al “connubio” con Rattazzi. Ma fu allo scoppio della Guerra di Crimea che la sua abilità diplomatica – di vero statista – colse l’occasione per inserire l’Italia in quell’Europa da cui per secoli era stata vista solamente dagli preda. Offrì l’alleanza del Piemonte a Francia, Inghilterra e Turchia inviando in Crimea un corpo d’armata per il quale non fu certo facile ottenere il permesso dal Parlamento di Torino la cui domanda suonava ovvia: “perché far morire dei soldati piemontesi a favore dell’Impero ottomano, in un paese dove il Piemonte non aveva alcun interesse da difendere?”. Meno scontata, ma sicuramente più intuitiva era la motivazione: partecipando alla guerra l’Italia sarebbe stata ammessa al tavolo delle trattative dove l’ingegno diplomatico del ‘Conte’ gli avrebbe permesso di esporre le reali condizioni del nostro paese, soffocato dal dispotismo austriaco. Così, al “Congresso di Parigi”, Cavour poté affermare pubblicamente come la repressione dei governi reazionari e la politica dell’Austria fossero i veri responsabili dell’inquietudine rivoluzionaria che covava nella penisola e che avrebbe potuto costituire una minaccia per i governi di tutta Europa, presentando quindi il Piemonte come unica soluzione moderata al problema dell’instabilità politica dell’Italia del tempo. Convinto, però, che il Regno Sabaudo non potesse combattere l’Austria senza un aiuto straniero, nel ’58 stipulò con Napoleone III gli “Accordi di Plombières”. Ecco la real politik. La sua autorevolezza ebbe infine il merito di guidare il re nella conquista della penisola fino all’Umbria e di persuadere Garibaldi a giungere fino a Teano il 26 ottobre 1860 per consegnare il Meridione nelle mani del Re. Oggi di statisti così non ce ne sono.
RICCARDO TORRESI