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Arezzo Wave è finito, andiamo in pace

Come ha previdentemente anticipato il nostro Michele Lupetti Arezzo Wave Love Festival è giunto oramai alla sua fine, poteva essere una fine migliore con un gruppo diverso dalla Bandabardò, ma chi sono io per giudicare visto che la metà dei cantanti che ascolto è passata a miglior vita? Tutti morti, tranne Axl Rose chè è vivo, ma con le extension.

Per il bene della mia salute psicofisica e dei miei rapporti interpersonali questa settimana si è conclusa, ma sottolineo che il dormire non è mai stato un ingrediente di questo festival nè per coloro che abitano vicini (e che in questo caso hanno ascoltato a scrocco tutti i concerti) nè per chi dalla mattina all’alba del giorno dopo non si è voluto perdere niente, ma proprio niente, visto che finito questo Arezzo torna ad essere addormentata nel suo solito torpore. Come dimenticare, infatti, il mio primo vero afterhour proprio ad Arezzo Wave nel lontano 2002: permanenza allo stadio fino ad un ora improponibile, colazione, giretto per la città semi deserta e a letto alle 9 del mattino. Che bei tempi quando avevo ancora il fisico e soprattutto la mattina dopo non dovevo andare a lavorare.

Questa edizione, la prima dopo la diaspora, è stata prudente si e oserei dire politicamente corretta: nessun imprevisto, la musica e i gruppi se la sono cavata tutti bene, nessuna sbavatura, dalla parrucca appesa alla bancarella a ricordare i punk, ai volontari di Legambiente che ti aiutano a buttare i rifiuti nei cestini giusti, alle gradinate vuote e chiuse, quello che mi viene da dire di questo festival è proprio che è stato pulito e politicamente corretto. A ragione mi sono portata nella borsa il succhino di frutta all’albicocca per essere in tema con il nuovo ambiente.

Se l’operazione nostalgia era lo scopo, come lascia intendere Michele, per me è fallita. A parte lo Psycho dove in questi giorni l’energia è stata veramente bella – forse anche per merito dei monaci buddisti che ieri hanno distrutto il Mandala della pace consegnando sacchettini con la polvere in segno di buon augurio – questo festival è stato pensato tutto meno che per soddisfare i nostalgici che forse si aspettavano qualcosa in più. La volontà era quella di mandare un messaggio ai detrattori che lo vedevano come l’incarnazione del male, di dimostrare alla città e alle istituzioni che Arezzo Wave Love Festival è un nuovo festival, non solo fatto di campeggio allucinato, di gradinate stracolme e gente che veniva da lontano, talvolta solo per fare casino, e in questo senso il cambiamento è soltanto da considerarsi positivo, a nessuno piace vedere gente che sta male e sentire che la situazione non è sotto controllo, ma per coloro che per 20 anni hanno sentito quel clima speciale che si creava ogni anno a metà luglio quello che si sono visti in questi giorni allo stadio è una realtà un po’ difficile con cui fare i conti.

La città invece, intesa come centro storico, secondo me ha riscoperto una nuova linfa vitale che spero non andrà perduta. Grazie ai flash mob di questi giorni e l’ultimo di ieri e grazie alla parata afro terminata poi alla MicroPiscina alle 19 in una vera e propria festa. Per chi non è passato da Piazza San Francesco ieri alle 18 non ci sono tante parole per spiegare la coreografia delle “scimmie” di Sosta Palmizi che hanno coinvolto anche il pubblico, me compresa.

Il bilancio? Per essere stato un festival a pagamento per niente economico – per una famiglia avventurarsi oltre i cancelli a 50 euro a serata era un po’ proibitivo – la gente c’era, ieri sera molto meno del previsto visto che fino al concerto della Bandabardò eravamo quattro gatti e nessun cane, ma poi verso le 23 la situazione si è riscaldata a differenza delle temperature scese in picchiata. Mi sono piaciuti i francesi Caravan Palace, con uno stile veramente particolare e devo fare i complimenti anche alle canzoni scelte nei cambi palco, chi le ha scelte ha intuito i miei gusti: Nirvana uber alles.

Insomma anche questa è andata e mentre cerco di togliermi il braccialetto del pass senza tagliarlo – mission impossible – mi chiedo se l’anno prossimo ci sarà il bis ossia  la seconda edizione di questo nuovo Arezzo Wave Love Festival

Cecilia Falchi

30enne Blogger per sopravvivenza mentale e precaria per scelta altrui. Spontanea nel suo essere assurda, sembra uscita da un'illustrazione di "Mary Poppins", ma respira sarcasmo come un personaggio di Woody Allen. Calamita vivente per i guai. Il suo motto è "Domani è un altro giorno... speriamo parta la macchina"

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Cecilia Falchi
Tags arezzo

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