Adagiato su di una collina, Montalcino, antichissimo borgo di feudatari e vescovi, con le sue quinte scenografiche e la sua lunga storia contrassegnata da drammatici eventi, del resto comuni a quelli di altre zone della Toscana, è un luogo che ispira e suggerisce l’ascolto o addirittura invita ad inventare con tranquillità, storie e leggende. Niente di più facile dove regnano castelli, piccole viuzze, antiche abbazie, fiumi e ruscelli, tetti tipici delle case senesi, che spuntano dal folto dei boschi, che circondano i vigneti, dove con un po’ di fantasia puoi percepire il ‘ciarlare’ festoso degli gnomi o scrutare l’immagine felice della bella principessa. Montalcino conserva il tempo di vivere. Abitato fin dall’epoca etrusca e romana, questa cittadina fu contesa nei primi del secolo XIII dall’egemonia di Siena e Firenze. Dopo la capitolazione di Siena a Cosimo I dei Medici, nell’aprile del 1555, l’antico borgo accolse un nutrito gruppo di esuli senesi, che qui proclamarono la “Repubblica di Siena in Montalcino”. Perduta l’indipendenza con il trattato di Chateau Cambrésis, tra la Francia e la Spagna, Montalcino prestò giuramento al duca di Firenze ed entrò a far parte del Granducato di Toscana. A tal periodo risale un simpatico aneddoto, che ha come protagonista il maresciallo Blaise de Monluc. Durante l’assedio, il militare, per farsi vedere in forma ed infondere coraggio alle sue truppe e alla popolazione, si faceva versare nelle mani un boccale di Brunello e con quello si frizionava la faccia, rendendola rubiconda, simbolo di salute e di coraggio. Il Brunello, sinonimo del vino nel mondo, è una delle chiavi, unitamente a quelle delle bellezze artistiche, architettoniche e naturali, per accedere al cuore di questo comune della provincia senese. E’ con il bicchiere in mano, infatti, che s’impara a conoscere Montalcino e la sua gente. Qui la gente è felice della sua solitudine e fiera della sua cantina, della sua casa. Ama i suoi vigneti racchiusi tra i boschi o aperti sulla strada e quelli segreti delle uve migliori; esalta le bellezze delle abbazie, delle chiese, dei castelli dove s’infiltrano i racconti popolari, le leggende con maghi e soldati, in un mondo a volte oscuro al viaggiatore frenetico. Mai in questa terra andare di fretta, altrimenti non ti offre niente. Segno della felicità, il Brunello racchiude in sé oltre ad un indimenticabile bouquet una serie di aneddoti straordinari, come quello riportato da Nantas Salvalaggio in merito ad una visita a Dowing Street da parte di Harol Mc Millan e dell’editore Arnoldo Mondadori. Mentre i due citavano i vini francesi, il Primo Ministro inglese gli chiese:”…ma voi avete mai assaggiato un rosso della cantina dei Barbi, un Brunello di Montalcino?”. Oppure quello legato al famoso baritono Bruson, che dopo aver assaggiato un Brunello Vigna del Fiore propose:” Se riceverò in cambio questo vino, verrò a cantare a Montalcino” E così, il 23 luglio 1988 nell’Abbazia di Sant’Antimo, un gioiello di grazia ed eleganza, il maestro tenne un indimenticabile concerto. In merito a questa chiesa Cesare Brandi scrive che “… si presenta in fondo a una breve vallata e di contro a colline piuttosto ripide. Le colline formano come un grande astuccio, in cui la bellissima chiesa si colloca con l’articolata abside e il campanile, tutto in un grigio luminoso di travertino e di alabastro”. Chiese e castelli di ogni misura e grandezza conserva ancora oggi Montalcino, di varia importanza storica, ognuno con i suoi eleganti ed affusolati campanili e torri: sottili matite ben temperate, orientate verso l’intenso azzurro del cielo sul quale sembrano pronte a scrivere antichi versetti poetici o fantastiche leggende, un soprannaturale sortilegio che mantiene intatta la profonda tensione spirituale e l’occulto, misterioso fascino di una radicata e diffusa ispirazione religiosa, un incanto mistico che affonda nei secoli la sua bellezza. Bellezza che a Montalcino nasce anche dal Brunello, da questo vino che, oggi come ieri e domani, racchiude in sé la doppia comunione: con la natura e con i montalcinesi che l’hanno voluto, mettendo a frutto tutte le loro conoscenze, il loro lavoro, il loro amore, perché non esiste Brunello senza amore.
Claudio Zeni
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