Il vino di queste isole ha una storia antichissima. Sono gli scavi archeologi che ce lo dicono. A Salina e a Filicudi sono stati ritrovati vinaccioli bruciati di vitis vinifera risalenti ad almeno 4000 anni fa. Mancano Alicudi, Panarea e Stromboli per completare l’arcipelago, così come manca il termine Malvasia: il vino eoliano o delle Lipari di sempre.
Quando parliamo di uva Malvasia teniamo conto del fatto che in Italia ne esistono di svariare tipologie: quella lunga, rosa, nera e con denominazioni legate ai territori: una ventina circa. Dolce perché a Salina l’uva viene vendemmiata e posta sui graticci ad appassire e dalla spremitura se ne ottiene un vino delizioso, dolce e delicato, fine ed armonico tanto amato dagli inglesi e conosciuto in tutto il mondo.
Ma da alcuni anni i produttori locali hanno anche iniziato a produrre la Malvasia secca con ottimi risultati. Vini freschi, piacevoli che accompagnano la cucina isolana, soprattutto i piatti a base di pesce, ma allo stesso tempo ottimali come aperitivo o più semplicemente per un momento gioviale da condividere con della buona compagnia.
I produttori sono in parte autoctoni e in parte arrivati da fuori, dalla Sicilia ma anche dal nord Italia e dall’estero, così come tra i gruppi famigliari dei secoli scorsi ci furono molti veneti. Sono piccole cantine, parliamo di pochi ettari vitati, ma tutte con la loro storia e la loro atmosfera. Tra gli autoctoni c’è chi è giunto alla quarta generazione e tra i nordici chi ha contribuito alla rinascita dell’enologia eoliana già a cavallo tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso.
La viticultura eoliana è indubbiamente eroica costituita da tanta fatica, ma al tempo stesso arricchita dal terroir vulcanico e dalle varietà che ben si sposano donando un vero mix di interpretazioni.
Le Eolie o Lipari sono isole dalla bellezza unica che meritano assolutamente una visita al fine di comprendere sempre di più quanto sia bella la nostra Italia.
di Claudio Zeni
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