“I tortellini debbono morire in brodo’, ‘su questa minestra non mettete mai parmigiano reggiano’, ‘per presentare in tavola degli impeccabili tortellini in brodo usare il semplice accorgimento di preparare una quantità di brodo quasi doppia del consueto; una metà servirà a cuocere i tortellini, l’altra a imbandirli in un brodo perfetto, limpido, non intorbidito dalla cottura della pasta.’ Queste espressioni apodittiche, scrive Marco Guarnaschelli Gotti nella presentazione del libro ‘La cucina modenese. Storia e ricette’ di Sandro Bellei, Orme/Tarka Editori (euro 17,50) fanno capire che in campo gastronomico c’è precisione, convinzione, intolleranza, e che ogni trasgressione provocherebbe scintille. “Questo timbro affettuoso, epico, scherzoso, ma mica tanto, Bellei lo fa risuonare naturalmente nel ‘cantare’ di tanti altri argomenti, dal duo ‘mais-castagna’ al mitico ‘aceto balsamico’, brividoso di alchimia, dalle infinite cure per l’ammiccante zampone, alle varie epifanie dello spumeggiante Lambrusco” sottolinea Marco Guarnaschelli Gotti. Un tempo capitale del ducato estense e poi lungamente città di provincia, Modena, come Bologna già dotta, grassa e rossa, ora non è più del tutto né l’una né l’altra ancora. Oggi è una città ricchissima e industriosa, esperta di piaceri, che s’è assicurata una tranquilla sazietà. Sotto i massicci portici costruiti a misura dei modenesi a cavallo, le tagliatelle e i tortellini, benché figli della deregulation, riescono ancora a strizzare languidamente l’occhio agli ospiti di passaggio.
Claudio Zeni