Marchigiano d’origine, Angelo Troiani vive e lavora a Roma dal 1989. Appassionato di cucina si diploma all’Istituto Professionale Alberghiero di Stato a San Benedetto del Tronto e comincia subito a maturare esperienza in realtà prestigiose. Nel 1990 fonda, con i fratelli Massimo e Giuseppe, “Il Convivio”. Il noto ristorante, ai vertici della ristorazione capitolina da oltre vent’ anni, vanta numerosi riconoscimenti nelle guide enogastronomiche tra cui una stella Michelin dal 1993, Star Diamod Haward dal 2000, The Wine Spectator 2 glass dal 2001 (premio attribuito alle migliori 150 cantine nel mondo nell’ambito della ristorazione).
Angelo preferisci che al tuo nome e cognome si anteponga la parola chef o cuoco?
Diciamo che la parola che preferisco è cuoco, perché i gradi del cuoco si riferiscono al lavoro sul campo.
Quando è nata in te la passione per la cucina?
E’ nata piano piano, giorno dopo giorno, soprattutto per colpa di mamma che ha impiegato tanto del suo tempo a prepararmi piatti di impronta regionale: pasta all’uovo, carni al forno e via discorrendo. Piatti che mi hanno sempre lasciato tanta curiosità e che io volevo capire come venivano preparati.
Un tuo giudizio sulla tante trasmissioni televisive dedicate alla cucina?
Sicuramente hanno contribuito a avvicinare l’utente, consumatore al mondo del cibo. C’è da dire che non è stato tanto il cibo che ha sfruttato la televisione ma più la televisione che ha capito che il cibo è una questione primaria. In questo cambiamento globale si può solo ripartire dal cibo, dalla nutrizione. Oggi, inoltre, si denota maggiormente la differenza tra cibo spazzatura, che fa male alla salute e crea allergie e cibo salutare.
Il tuo locale è un must per i gourmet che arrivano a Roma. Come sei riuscito a farlo diventare una tappa d’obbligo per i tanti appassionati di cucina?
Con tanto impegno e dedizione, dedicandogli gran parte della mia vita e di quella dei miei fratelli, forse intuendo un pochino i cambiamenti e le nuove esigenze del pubblico, cercando sempre di soddisfarle. Ad esempio, per ultima, abbiamo certificato il Convivio in un processo biologico, certificazione non totale ma che ci sta dando molte soddisfazioni.
Qual è il piatto al quale sei particolarmente legato?
E’ la mia amatriciana, piatto che faccio da ormai 22 anni e che mi ha dato bellissime soddisfazioni, sia dalla critica del settore e ancora di più dal consenso del pubblico che considero giudice supremo.
Sei direttore di Coquis (Ateneo della Cucina) e quindi è d’obbligo chiederti che consiglio dai ai giovani che vogliono intraprendere il mestiere di cuoco?
Il mio consiglio è studiare. Il cuoco non è più soltanto un mestiere ma una professione, lo dico sempre, molto più completa. Deve avere manualità, praticità, ma deve anche essere bravo gestore di se stesso e con il tempo anche un leader, quando dovrà gestire poi un team in un mondo cosi complesso e articolato. Quindi, il mio consiglio è studiare, applicarsi e frequentare scuole che hanno la struttura e le vere caratteristiche di poter offrire un percorso di formazione serio.
Dove va la cucina italiana?
Partendo dal presupposto che nessuna cosa rimane ferma, la cucina italiana è in continua evoluzione. Secondo me sta andando verso una fusion inevitabile. Auspicabile è che la fusion possa anche essere presa dalle belle questioni che ancora abbiamo e che sono rimaste ancora inespresse che sono, soprattutto nell’uso delle erbe e delle spezie.
La clientela è preparata nel giudicare la cucina dei ristoranti?
La clientela e i ristoratori vivono in simbiosi, sono nella stessa barca. Ogni clientela ha i ristoratori che si merita. Quindi non vedo una grande differenza. Dove c’è cultura del cibo la ristorazione risponde in una maniera, dove c’è meno cultura, la ristorazione risponde in maniera più estemporanea, meno progettualizzata. Detto questo succede spesso che noi ristoratori facciamo dei piatti che nutrono il nostro fabbisogno di curiosità, d’interpretazione, di scoperta, di prova e magari, ci preoccupiamo poco della vera richiesta ed esigenza del cliente. Quindi, quando non ci troviamo noi, viene voglia di dire che è il cliente che non apprezza e non capisce. Ma molto spesso, siamo noi che siamo un po’ cechi.
In un derby culinario della capitale che piatto proporresti a Totti e a Lotito?
A Totti, l’uovo al tegamino, magari con un po’ di tartufo che rappresenta il colpo del campo e due carciofi sopra. L’uovo perché è ricco di proteina e gli serve in campo, il carciofo fa bene al fegato e quindi aiuta a sentirsi davvero bene e un po’ di tartufo perché il sapore non guasta, può allietare un piatto semplicissimo e lo fa diventare un piatto gourmet. E un pochino quello che deve fare Totti tra il calciatore e il personaggio pubblico. A Lotito, gli preparerei una zuppa di verdure, che per me rappresenta il suo impegno quotidiano fra le sue più diverse professioni, dal presidente al manager fino al fine latinista.
A quale personaggio del mondo attuale vorresti preparare una cena indimenticabile?
A Papa Francesco. Ecco il menu: Zuppa di granchio reale, latte di cocco, broccoletti e crostini di polenta al gorgonzola; Spaghetti di farro Felicetti ajo e ojo, peperoncino, pecorino romano, gamberi rossi, limone, menta e scaglie di mandorle; Ricciola in sfoglia di limone, caponata di verdure con fonduta di pomodori in agro dolce; Cilindro di cioccolato.
Il Convivio Troiani
Vicolo dei Soldati, 31
00186 Roma
Telefono 06 686 9432
www.ilconviviotroiani.com
Claudio Zeni
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