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London calling. L’asiatico troppo africano, l’handicappato con i vantaggi e quello che potrebbe vedere la Madonna

E’ bastata una partita di calcio, Juventus-Napoli, dove fosse in palio un qualcosa di quasi serio, per mandare in tilt gli italiani. Diciamo che lo spirito olimpico, quello dove un po’ tutte le altre discipline le metti in primo piano rispetto al pallone, è andato a farsi benedire grazie alla Supercoppa italiana. Bella l’atletica, la scherma, il tiro a volo. Divertente la pallavolo, spettacolare il basket, non male il taekwondo. Ma il calcio e gli isterismi che comporta nel sistema nervoso di un italiano, sono una patologia vera, così come la non faziosità di Varriale della Rai. Ah ecco, a proposito di televisione pubblica…

Medaglia d’oro alle telecronache della Rai. Sfida di taekwondo, in gara c’è Carlo Molfetta che si gioca una medaglia contro un energumeno che si chiama Keita. Speriamo se la cavi il nostro atleta: Keita è alto, nero, pesante ed è stupefacente vedere un malese che di asiatico non ha una mazza (no, nemmeno quella proprio). “Il malese qui, il malese là, occhio al malese” che però è nato e gareggia per il Mali che proprio nell’Oceano Pacifico non è, anche perchè lo Stato si trova in Africa. Poi negli ultimi minuti dell’incontro, alla Rai si svegliano e qualcuno dovrebbe aver urlato in cuffia ai telecronisti che i connazionali di Keita si chiamano maliani. Diciamo che lo hanno fatto per noi. Noi nostalgici dei commenti tecnici di D’Amico e Dossena, di Pannofino-George Clooney (Varriale no: l’abbiamo sentito qualche ora fa…) avevamo la necessità di sentirci a casa con le castroneria della Rai. E’ sì: le Olimpiadi stanno finendo. Lo avrebbero cantato anche i Righeira (agli Europei li avremmo visti benissimo al commento assieme a Mazzocchi).

Medaglia d’argento al tatuaggio di Maurizio Felugo. “Io lo conosco: ha riempito le mie notti con frastuoni orrendi, ha accarezzato le mie viscere, imbiancato i miei capelli per lo stupore”. Che roba è? La poesia di Alda Merini “Corpo d’amore. Un incontro con Gesù” che il pallanotista di spicco della nostra Nazionale, Felugo, ha come tatuaggio in una gamba. Niente stelle, carte da gioco, sirene, aquile, indiani: il ligure ha deciso d’imprimersi questo sulla pelle, motivando la scelta come la frase dalla quale si sente più rappresentato. Diciamo che ci sta che riesca a vederlo Gesù se l’Italia vince la finale con la Croazia. Diciamo anche che potrebbe vedere anche la Madonna.

Medaglia di bronzo al tuttologo Zdenek Zeman. Tornato dopo qualche anno di esilio in serie A, come ha preso la panchina della Roma è diventato pane per riempire i classici vuoti delle pagine estive dei giornali. Gli chiedono di tutto, ridanno fuoco alla sua crociata immaginaria contro il nemico Luciano Moggi ormai fuori dai giochi da un pezzo, vogliono da lui un parere anche su Schwazer perchè è stato il primo a dire “il calcio deve uscire dalle farmacie”. “Le sue lacrime e il suo dolore sono veri – ha detto del marciatore – Il problema è che gli atleti di livello hanno tanti vantaggi, soprattutto economici. Vogliono vincere tutti e se uno si accorge che non ci riesce con le proprie forze, si rifugia in altre cose. Ma non è il caso solo di Schwazer, ce ne sono tanti come lui. Non si sa perdere. L’Olimpiade è partecipare, poi deve vincere chi ha talento e lavora”. Praticamente non c’ha capito niente, visto gli sviluppi da brivido che sta avendo la vicenda e dato che Schwazer l’epo non l’ha presa per vincere, anzi. Vabbeh, ci ritentiamo. Pistorius invece? “La sua partecipazione è stata una cosa ingiusta – risponde Zeman – è un diversamente abile che nel gareggiare ha dei vantaggi. Nello sport si deve competere partendo sempre tutti dalle stesse condizioni”. Se il sudafricano dovesse partecipare o meno alle Olimpiadi e non alle Paraolimpiadi, ognuno si sarà fatto la sua idea, ma sparare che Pistorius che è senza gambe abbia dei vantaggi, è una cosa tremenda. Qualunque senso si voglia dare al discorso.

Medaglia di legno al giornalista Massimo Gramellini de “La Stampa”. Alterna riflessioni e pipponi filosofici e morali eccellenti ad esagerazioni da mezzadro degli anni ’50 (con tutto il rispetto per i mezzadri). “Faccio un tifo affettuoso per le ragazze coi nastri e le clavette – ha scritto – eppure non posso evitare di domandarmi: siamo alle Olimpiadi o al circo Togni? Ho il massimo rispetto per coloro che li praticano con dedizione e destrezza, ma ai Giochi ci sono sport che sembrano, appunto, dei giochi. Ieri, prima delle clavette, ho visto gente buttarsi da un muro con delle bici e poi pedalare sopra le montagne russe. Sembrava una pubblicità sullo stato d’animo dei risparmiatori italiani o uno spareggio di ‘Giochi senza frontiere’. Invece era una gara olimpica, il Bmx. Poi ci sono le sirenette che danzano in acqua. E quelle che prendono a racchettate un volano come bambini sulla spiaggia. Perché il volano sì e il calciobalilla no? E il flipper? E il vecchio caro ruba-bandiera? Il tiro alla fune in tv sarebbe uno spettacolo, per non parlare della corsa nei sacchi: vedrete che la inseriranno in programma, prima o poi”. Sul fatto che ci siano discipline che a giudizio soggettivo siano più o meno interessanti è un dato di fatto e ognuno la pensa come vuole. Dare del Circo Togni alla disciplina della ginnastica è quasi un insulto, ma è ancor di più offensivo paragonare la ritmica al flipper e a rubabandiera.

Ps: la chiosa alle Olimpiadi tocca al Lupetti, io sono in partenza per le meritate (forse) vacanze. Ringrazio Michele e chi mi ha letto dedicando tempo a “London calling”. Un grazie anche a Donato che s’è inventato quel logo assurdo per la rubrica, con quel bus rosso con le braccia da velocista. La verità è che lì per lì l’ho trovato carino ed originale, poi esteticamente pacchiano. Tuttavia, ha dato una visibilità agli articoli davvero pazzesca. Goodbye e alla prossima.

Monia Bracciali

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Monia Bracciali

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