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London calling. La Pellegrini come la Van Almsick e la vera specialità made in Italy

Una è tedesca, mora, nata nel ’78 nella vecchia Germania dell’Est. L’altra è italiana, biondissima nata a Mirano, in Veneto, nell ’88. In comune, una vita da fenomeni precoci del nuoto, tante medaglie, record infranti, la pressione asfissiante dei mass media, problemi di carattere ansioso-depressivo, il logoramento e i riflettori che bruciano.

Non è semplice fare un paragone tra l’ex nuotatrice Franziska Van Almsick e Federica Pellegrini, sia perchè diverse sono le loro specialità, sia perchè si parla di due caratteri differenti. Entrambe però, hanno rivoluzionato la figura dell’atleta e delle nuotatrici. Più famose di moltissimi calciatori, paparazzate senza tregua, il difetto di aver esposto senza vergogna le loro fragilità: l’anoressia per la tedesca, gli attacchi di panico da acqua (proprio così) per la nostra italiana.

Il quinto posto della Pellegrini nei 200 stile libero, gara nella quale l’oro doveva essere scontato (perchè mai?), ha sollevato battute di dubbio gusto e rispolverato quella specialità tutta italiana di costruire il monumento al campione per poi sgretolarlo a colpi di sassate.
S’è montata la testa, non è umile, troppo bella (ma che ci troveranno mai), troppo esposta, troppo alta, troppo montata, troppo sesso, troppi biscotti. Il piacere perverso di trovare le crepe dentro un corpo e una vita perfetta. Pazienza poi se si allena a livelli che i comuni mortali non possono immaginare, se le ore a logorarsi i capelli e la pelle dal cloro e le aspettative di un oro, terminano tutte con un quinto posto. In fondo “le sta bene”.
Il tifo contro un atleta italiano è imbecille a prescindere ma è ancora più stupido se un secondo prima lo vesti da Dio e poi lo bestemmi o gli gufi addosso.
La Pellegrini ieri sera tremava come una foglia prima d’entrare in vasca, difficile capire quanto fosse dipeso dall’adrenalina e quanto dall’insicurezza, anzi, sicurezza, che quella gara non l’avrebbe mai vinta. “Mi ritiro forse un anno” ha detto appena uscita dall’acqua. I detrattori di quella che si è montata, non aspettavano altro, un po’ come quando la Van Almsick dopo aver conquistato un solo bronzo a Sidney 2000 annunciò il ritiro che sarebbe durato solo due anni. “Ero diventata una macchina da vittorie – dirà poi – Era impossibile per me vivere una vita normale”. La tedesca che debuttò 14enne a Barcellona ’92, trovò la forza nel 2002 di tornare alle gare dominandole, stabilire il record mondiale nei 200 stile libero e di partecipare ad Atene 2004 per capire come l’oro olimpico per lei non fosse che irrimediabilmente stregato. Dopo le gare in Grecia, la tedesca si ritirò definitivamente. Alle sue spalle premeva già Federica Pellegrini che di anni ne ha dieci meno di lei.
Il nuoto logora, è crudele e per certi versi spietato con la carta d’identità. Federica Pellegrini non ha ancora moltissimi anni davanti per primeggiare a livello internazionale, ma questo non significa che sia in declino e soprattutto non comporta che le si scaglino addosso le prime pietre per buttare giù il monumento che tanti le hanno costruito e con il quale in molti hanno mangiato. Soprattutto chi non si rende conto che il talento donato da Madre Natura non basta per vincere e che dietro c’è tanto lavoro da fare. Chi non ha paura poi di mostrare le proprie fragilità in una realtà piena di squali, meriterebbe la medaglia a prescindere. I campioni di carta pesta si sbriciolano nell’acqua anche senza bisogno delle sassate. Lei è fatta di altro.

Monia Bracciali

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Monia Bracciali

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