L’ho conosciuto nella mia attività di assessore alla cultura del comune di Cortona. Ci siamo incontati un anno fa, una mattina di gennaio, per iniziare una collaborazione tra il museo Egizio di Torino e il Maec, che ha al suo interno una preziosa sezione egizia.
Giovane, semplice, affabile e direttore di uno dei musei più importanti al mondo: se fosse proprio la cultura a cambiare l’Italia mi son detto, con speranza ed energia.
Il merito, le idee, la capacità di tradurre un’istituzione nella funzione sociale che rappresenta: questa è l’Italia che vogliamo e che raccontiamo ogni volta nelle nostre visioni politiche. Questo stanno facendo i direttori dei grandi musei scelti da Franceschini.
La storia di Christian Greco è di un ragazzo determinato, senza santi in Paradiso, che si pagava gli studi, che conosce molte lingue, che ha preso un museo forse troppo autoreferenziale e lo ha aperto a tutti. Ha fatto di più: ha pensato che potesse essere anche strumento di inclusione sociale, non buonista ma intelligente: come nel caso degli sconti alle persone di lingua araba, due biglietti al prezzo di uno, con l’evidente funzione di offrire loro – alle donne arabe, soprattutto, come si evince chiaramente dal manifesto – un’occasione di cultura a loro vicina, in grado di incuriosirli o interessarli.
L’Italia si merita questo: politici, operatori culturali, cittadini abbiamo il dovere di difenderlo.
Gorgia Meloni minaccia di licenziare lui e tutti i nuovi direttori, come fosse una colpa rendere i musei pieni, far circolare il pensiero.
Io sto con Christian Greco: il fascismo è fascismo perché ha paura della cultura.
Albano Ricci
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