La mozione “Esposizione del Crocifisso nell’aula consiliare e nei locali comunali ad uso pubblico” presentata dal gruppo leghista durante il Consiglio Comunale del 16 luglio è un esempio da manuale di strumentalizzazione del dibattito pubblico. Non avendo temi concreti da proporre, mentre Cortona perde di giorno in giorno occasioni preziose (non ultima la mostra sull’Esercito di terracotta), la maggioranza vorrebbe tendere un agguato all’opposizione, preparandosi una risposta pronta per qualsiasi esito. «Voteranno no? Li additeremo come anticlericali. Voteranno sì? La celebreremo come una nostra grande vittoria». Il rispetto profondo che abbiamo dell’intelligenza dei concittadini ci ha spinto a votare ignorando le possibili distorsioni mediatiche messe in atto dalla maggioranza.
Chiedere l’sposizione del crocifisso in Sala del Consiglio significa ignorare che nella stessa compaiono già simbologie religiose, a partire dall’invocazione a San Marco Evangelista sopra i banchi della Presidenza e dal suo Vangelo all’interno del gonfalone comunale.
Gli stessi che brandiscono il crocifisso come uno strumento divisivo (pensate un po’), si trovano a negare larga parte dei principi che vi sono contenuti, a partire dall’idea di “dare a Cesare quel che è di Cesare” (disattesa da tre quinti del gruppo Lega, visti i debiti con il Comune saldati solo quando faceva comodo), o dalla negazione dei principi evangelici implicita nello slogan programmatico “prima i cortonesi” (o “prima i toscani”, magari sillabato bene). Non è un caso che il Sindaco –costretto ad intervenire nella discussione, visto che i discorsi della maggior parte suoi consiglieri non brillavano per originalità o chiarezza – si sia sentito in dovere di spostare la discussione sul piano nazionale: c’era poco da vantare a livello locale.
La mozione, per altro, citava la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 18 marzo 2011, che si riferiva alle aule scolastiche. La Sala del Consiglio è l’aula di tutti i cittadini, senza distinzioni di sesso, razza, religione, lingua, credo politico, in linea con i principi costituzionali scritti anche da esponenti del mondo cattolico (tra cui i venerabili La Pira e Lazzati).
Solo con il crocifisso in bella mostra si garantirebbero i principi di libertà, tolleranza e uguaglianza, dice la mozione, come se in questa stessa Sala non fossero stati garantiti fin qui. Vogliamo ricordare che alla Liberazione di Cortona parteciparono molti cattolici, al punto che nel CLN cortonese c’era anche un sacerdote, don Giovanni Materazzi, in rappresentanza della diocesi.
Più volte nella discussione è stato detto che “un crocifisso in Sala non farà del male a nessuno”. Gian Enrico Rusconi ha scritto (articolo “Il crocifisso non è innocuo”, La Stampa del 21 marzo 2011) che «promuovendo il crocifisso come simbolo di universalismo e umanitarismo in esclusiva nazionale», lo si «priva della sua specifica autenticità religiosa» e lo si banalizza a «segnaposto identitario nazionale».
Per questi motivi, abbiamo deciso di esprimere voto contrario ad una mozione che vuole brandire come segno identitario (lo ha chiarito il consigliere Milani, che ha lasciato intendere che il senso della mozione è “evitare che prima o poi vengano appese mezzelune o simboli buddisti”, dimostrando una concezione abbastanza bizzarra della laicità) un simbolo religioso verso cui si dovrebbe nutrire profondo rispetto.
Gruppo Consiliare
Partito Democratico – Insieme per Corton