Con l’avvicinarsi delle primarie di coalizione noi di PDNewGen abbiamo pensato di dare un contributo concreto per il confronto tra i candidati e i loro programmi. Abbiamo preparato cinque domande su temi che consideriamo di particolare interesse per la nostra generazione e le abbiamo rivolte a tre auterovoli rappresentanti dei candidati del PD. Per Pierluigi Bersani ha risposto Patrizio Mecacci, giovane segretario metropolitano di Firenze, per Laura Puppato è intervenuto Stefano Loppi, Assessore di Foiano mentre per Matteo Renzi ha risposto Sara Biagiotti, una delle tre ragazze che fanno parte del coordinamento nazionale di Renzi. Per ragioni di spazio abbiamo pensato di presentarvi una domanda (e relative risposte) al giorno. Invitiamo i lettori a partecipare commentando e fornendo eventualmente le proprie risposte.
LA PRIMA DOMANDA: IL LAVORO
Il problema del lavoro è una delle conseguenze più gravi della crisi economica. Il Governo Monti, secondo lei, ha messo in campo delle vere politiche strutturali per rilanciare il mercato del lavoro nel nostro paese? Quali sono le soluzioni che propone lei per far ripartire a breve il sistema Italia e ridare speranza di futuro ai giovani?
Patrizio Mecacci (Bersani): Intanto una profonda svolta culturale: il lavoro al centro di tutte le politiche, e la dignità del lavoratore al centro della democrazia.
Il sistema fiscale deve alleggerire il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni finanziari e immobiliari. Bisogna contrastare la precarietà, rovesciando le scelte della destra e in particolare una competitività al ribasso che svalutava il lavoro.
Il terzo passo è spezzare la spirale perversa tra bassa produttività e compressione dei salari e dei diritti, aiutando le produzioni a competere sul lato della qualità e dell’innovazione. Quarto: sostegno dell’occupazione femminile, contrasto alla disparità nei redditi e nelle carriere, lotta ai pregiudizi sulla presenza delle donne nel mondo del lavoro e delle professioni, redistribuzione del carico di lavoro e di cura nella famiglia, programmi straordinari per la diffusione degli asili nido.
Infine, occorre una legge sulla rappresentanza che consenta l’esercizio effettivo della democrazia per chi lavora. Per rilanciare il lavoro servono investimenti e politiche industriali. Su tutto questo l’azione del Governo Monti è stata purtroppo insufficiente.
Stefano Loppi (Puppato): Senza impresa non c’è lavoro e senza lavoro non ci sono lavoratori. Una politica matura ha il dovere di promuovere l’impresa di qualità; ma negli ultimi dieci anni in Italia è avvenuto esattamente il contrario. Mentre a partire dal 2000 l’Europa scommetteva su un’industria innovativa ed ecologica, in Italia le manovre di Tremonti focalizzavano come “nuovo modello di sviluppo” l’edificazione di vecchio stampo: cementificando ovunque con i soldi dei cittadini, in una logica ottusa di acquisizione del consenso che ha prodotto consumo di suolo agricolo e lasciato dietro di sé fabbricati inutilizzati, riduzione del reddito imponibile e dei valori immobiliari.
I motori propulsivi dello sviluppo saranno la green economy e la blue economy: si deve cioè produrre sprecando meno risorse e prestare vera attenzione alla sostenibilità ambientale, adottando sempre e dovunque il principio guida del riutilizzo intelligente come alternativa al non più tollerabile usa e getta. Lo sviluppo delle tecnologie necessarie comporta non solo costi, che sono sempre richiesti dai nuovi investimenti, ma anche l’opportunità di creare nuova ricchezza e molti nuovi posti di lavoro ad alto contenuto intellettuale. Processi produttivi “puliti”, o ben controllati (al contrario di quanto avvenuto nella disastrosa vicenda dell’ILVA di Taranto), impiego di fonti rinnovabili per produrre energia, risparmio energetico e delle risorse, gestione attiva del ciclo dei rifiuti, valorizzazione di ogni bene naturale: questi sono i pilastri di un sistema industriale che abbia come obiettivo produrre benessere senza trascurare la tutela della salute e la salvaguardia delle risorse. La creazione di nuovi posti di lavoro ne è diretta conseguenza, perché “le pratiche virtuose creano lavoro”. Nello stesso tempo la riduzione e la prevenzione di immani costi umani ed economici che il degrado riversa tradizionalmente sulla comunità (in termini di inquinamento, rifiuti, dissesti idrologici), pone automaticamente le basi di un maggior benessere: sotto forma di risparmi ma anche di guadagni che provengono da un territorio ben tenuto e dunque più ricco. Occorre quindi favorire gli investimenti in tecnologie, ricerca e innovazione orientate alla tutela ambientale, anche tramite provvedimenti ben mirati di incentivazione.
Sara Biagiotti (Renzi): Mentre sulle pensioni il lavoro fatto è buono, sul lavoro si doveva fare di più. La riforma non ha semplificato il quadro normativo e non ha ridotto la sterminata quantità di tipologie contrattuali. La nostra proposta è semplice e porta un nome e un cognome: il codice del lavoro di Pietro Ichino. Sono cinquantanove articoli che strutturano un nuovo mercato del lavoro, meno complicato e più solidale. Questi cinquantanove articoli vogliamo anche tradurli in inglese. Un investitore estero che vuole portare le sue risorse in Italia, e di conseguenza creare lavoro, non può essere spaventato dalla farraginosità del quadro normativo.
È il momento di sperimentare sul serio la flexsecurity, ossia di sperimentare, in tutte le imprese disponibili, per i nuovi insediamenti e/o le nuove assunzioni, di un regime ispirato al modello scandinavo: tutti assunti a tempo indeterminato, salvo i classici casi di contratto a termine, con una forte protezione dei diritti fondamentali e in particolare contro le discriminazioni, ma nessuno inamovibilità. Chi perde il lavoro per motivi economici od organizzativi si vedrà comunque garantito un robusto sostegno del reddito e servizi di outplacement per la ricollocazione. La flexsecurity scandinava è, a nostro avviso, il miglior modo di soddisfare due esigenze fondamentali del mercato del lavoro nazionale: competitività e solidarietà.
Per il rilancio del potere d’acquisto delle famiglie la nostra proposta è altrettanto chiara: 100 euro al mese in più per chi ne guadagna meno di duemila, attraverso una detrazione ulteriore e non con un cambio di aliquote. Questa misura toccherà tra 15 e 16 milioni di lavoratori.
LA SECONDA DOMANDA: ENERGIE RINNOVABILI
Ritiene che incentivare l’uso di energie rinnovabili sia un fattore chiave nella futura pianificazione dell’approvvigionamento energetico? A quali fonti energetiche crede sia opportuno dare più slancio? Cosa pensa dell’uso delle biomasse?
Le risposte alla seconda domanda nella seconda puntata.
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