Vista da fuori, a sentire qualche “esperto” del Pd, sembra semplice: la sinistra contro la presunta “privatizzazione” del servizio idrico ed il centro-destra – che da anni lotta per una migliore gestione del servizio – a favore. Niente di più falso, specialmente qui ad Arezzo. Allora forse vale la pena di fare alcune puntualizzazioni e ricordare i fatti. L’acqua è un bene pubblico. Lo è per legge, lo è da sempre, lo è anche in base al decreto Ronchi, come hanno di recente ammesso anche i sostenitori del “Si”, visto che espressamente sono e rimangono di proprietà pubblica e collettiva, non solo l’acqua, ma anche gli acquedotti, le fogne ed i depuratori, in una parola tutta la rete idrica con impianti e dotazioni.
Qui si tratta solo di capire se la gestione dell’acqua debba essere ad esclusivo appannaggio dei comuni o possa essere messo a gara. Una gara dalla quale può uscire vincente un soggetto pubblico, un soggetto privato o un soggetto misto pubblico-privato. Del resto il punto non è chi gestisce, ma come il pubblico – cioè i Comuni – possono intervenire quando l’ente gestore non eroga un servizio efficace ed efficiente contravvenendo agli impegni, anche contrattuali, precedentemente assunti.
E’ per questo che troviamo davvero grottesco che la sinistra aretina, in testa il PD, che è stata la fautrice di questo modello di privatizzazione fin dal 1999, che ha sostenuto un percorso che ha avuto ed ha tutte le caratteristiche del “monopolio”, che non ha fatto nulla per sanare le gravi lacune del gestore privato, oggi si voglia impossessare di una battaglia che ha solo l’obiettivo di dare una qualche spallata al Governo.
Dov’era la sinistra quando noi dicevamo che la scelta di Nuove Acque era in realtà un modo per allontanare i Cittadini dalle scelte di gestione? Dov’era la sinistra quando chiedevamo con insistenza di riportare il colosso francese, socio di Nuove Acque, al tavolo delle trattative per dare corso agli impegni presi in merito ai depuratori, pagati ma spesso non predisposti, o alle tariffe che si sono impennate senza servizi corrispettivi? Dov’era la sinistra quando noi dicevamo di trattare diversamente il tema e di prevedere per il pubblico una forte capacità di controllo sul privato? Perché nel 2009, in quasi tutti i comuni della provincia, il PD si è opposto alle nostre mozioni in merito sia al riesame della convenzione con Nuove Acque in scadenza sia sul tema delle tariffe?
Questo è un atteggiamento del tutto strumentale e diciamo di più: quali conseguenze ci saranno per i Comuni e la Provincia se vincerà il Sì? Sa la sinistra di ora che grazie alla sinistra di allora, il pubblico – cioè i Comuni – oggi per riprendersi la gestione pagherebbero salato ciò che un tempo era già di loro proprietà?
Eppure una parte illuminata e non ideologizzata del PD sa bene e riconosce che la vittoria del Sì metterebbe in difficoltà economica i Comuni che, di conseguenza, sarebbero costretti ad alzare tasse e quindi a far pagare, due volte e per la stessa cosa, i Cittadini.
Nel dettaglio, per dimostrare l’illogicità e contraddittorietà della posizione della sinistra, ricordiamo che:
a) il primo quesito, richiede l’abrogazione dell’art. 23-bis del decreto Ronchi e successivi aggiornamenti, con la conseguenza che la norma, essendo legata ad altre disposizioni, una volta abrogata inciderebbe su 64 Ato dove i servizi, si noti bene, sono pubblici! Negli altri 28, non si sa cosa succederebbe, e potremmo avere in Italia un doppio regime, come osservano oggi su alcuni quotidiani nazionali molti commentatori: un regime pubblico ed uno privato, senza ordine alcuno, e senza l’obbligo di fare più alcuna gara per la gestione del servizio, in contrasto con la normativa europea!
b) il secondo quesito riguarda l’abrogazione <<dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito>> dai privati per la gestione del servizio e per gli ingenti e necessari investimenti. Il referendum colpisce il decreto n. 152 del 3 aprile 2006. Se la tariffa non deve remunerare il capitale, i privati abbandoneranno il settore idrico italiano e la mano pubblica dovrà sostenere costi ed investimenti senza poter fare alcuna gara ma dovendo subire direttamente i costi futuri, previsti nei prossimi anni per importi dai 65 ai 120 miliardi di euro, che dovrebbero divenire oneri del bilancio dello Stato o nuove tasse. Un aumento insopportabile del debito pubblico o delle imposte sui cittadini, ecco cosa potrebbe avvenire.
Il PDL invece ha sempre dimostrato, anche in Provincia di Arezzo, una posizione di grande equilibrio: apertura ai privati – se capaci – nella gestione, sostegno del modello con le gare ad evidenza pubblica, controllo delle convenzioni, e grande autonomia e autorevolezza del pubblico nella verifica puntuale della gestione medesima.
Capiamo certo che la sinistra oggi usi il referendum per far “guerra” a Berlusconi, solo per questo. Una scelta politicamente legittima, ma estremamente miope perché tutto ha un prezzo e l’interesse dei Cittadini dovrebbe essere più caro delle sole schermaglie politiche.
Per questa ragione il PDL, come è legittimo e corretto per i referendum, non andrà a votare nella consapevolezza che astenersi è la terza scelta possibile quando si tratta di consultazioni referendarie e non a caso c’è il quorum.
Felice Maurizio D’Ettore – Coordinatore Provinciale PDL
Lucia Tanti – Capogruppo PDL Provincia di Arezzo
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Il PDL riprovera giustamente al Partito Democratico che la Sinistra, in terra di Toscana, è stata un'antesignana nella privatizzazione degli acquedotti. La verità, però, è che i due maggiori schieramenti politici italiani in materia di privatizzazioni e liberalizzazioni hanno opinioni assolutamente identiche. L'acqua è un bene essenziale che in nessun caso può essere affidato ai privati. Sono del parere che anche le aziende pubbliche possano essere gestite con criteri economici. Forse perché sono dichiaratamente fascista mai mi sognerei di privatizzare gli acquedotti, l'energia elettrica, le telecomunicazioni, i trasporti la Sanità. I gangli strategici e vitali di una Nazione non possono essere affidati a privati che perseguono soltanto i loro interessi. Sono sicuro che la grande maggioranza degli Italiani la pensa come me.