Tra i dimissionari anche Michela Contemori, componente assemblea Unione Comunale Torrita di Siena è tra coloro che hanno lasciato il Pd. In una lettera inviata a Niccolò Guicciardini, segretario PD Territoriale Siena, Dario Parrini, segretario PD Regionale Toscana e a Matteo Renzi, segretario PD Nazionale, un gruppo di iscritti e componenti a vario titolo di gruppi dirigenti del PD nella provincia di Siena hanno dato le loro dimissioni.
Fra i dimissionari anche Sabrina Benenati componente assemblea Unione Comunale San Gimignano, Assemblea e Direzione Provinciale Siena, Fausto Bertoncini, componente Assemblea Unione Comunale Colle Val d’Elsa, Assemblea e Direzione Provinciale Siena, Assemblea Regionale Toscana, Catia Fagioli componente Assemblea Unione Comunale Colle Val d’Elsa, Italo Gorini, Beatrice Morviducci, Paolo Pierini e Michele Vanni iscritti di Murlo, Riccardo Pecciarini, componente Assemblea Unione Comunale Poggibonsi.
I nove scrivono: Ci abbiamo creduto nel Partito Democratico e ci siamo impegnati a vario titolo, da semplici iscritti o negli organismi dirigenti, affinché questo partito corrispondesse alla sua denominazione e alla sua missione originaria. Oggi siamo qui a comunicare la nostra decisione di dimetterci da ogni incarico nel partito, come pure la scelta di non rinnovare la tessera. Ce ne andiamo. Lo facciamo insieme, con una scelta collettiva, condividendo la considerazione che il Partito Democratico non riesce più a rappresentare gli interessi, né a incarnare le speranze di una parte ormai maggioritaria nella società italiana che, non trovando più risposta nell’offerta politica presente, abbandona persino la pratica del voto, o va a rimpinguare i risultati di chi si nutre del voto di protesta. Le scelte di campo praticate dal governo non sono all’altezza dei bisogni e delle necessità di questo paese, si sta anzi portando avanti un’agenda governativa alternativa a quella per la quale avevamo chiesto il voto ai cittadini alle ultime elezioni politiche. Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad accelerazioni profonde che hanno portato a leggi di riforma di grande impatto sociale e politico, che hanno segnato in senso liberista sia il campo del lavoro che quello della scuola. E sempre a colpi di fiducia e leggi delega. Lo stesso si può dire per la nuova legge elettorale e la revisione della Costituzione, dove, anziché favorire il riavvicinamento tra gli elettori e le istituzioni, tra i cittadini e la classe politica, si procede in direzione diametralmente opposta. Durante le fasi di dibattito parlamentare, ogni tentativo di mediazione condotto dalle minoranze interne al partito è stato dileggiato, sbeffeggiato e umiliato. La dialettica politica interna è ridotta a tifoserie rivali costruite intorno a leadership personali, l’intero partito assomiglia sempre di più a un mero comitato elettorale, e l’agibilità politica per chi non accetta di piegarsi a logiche di appartenenza è di fatto resa impossibile. Chi non sta, in un modo o nell’altro sul carro del vincitore, molto semplicemente cessa di esistere. Aggiungiamo a tutto questo il fatto che il PD nel territorio è incapace di articolare un qualunque pensiero politico autonomo e minimamente strutturato. La discussione e il confronto – quando avvengono – si svolgono al di fuori del partito per poi essere portati all’interno esclusivamente sulla base degli schieramenti precostituiti. I circoli, che ancora esistono sulla carta, sono da tempo stanze vuote e disabitate. Gli organismi luoghi per la ratifica di decisioni prese altrove. Le regole sono state piegate ad optional che valgono ora sì ora no, a seconda degli interessi di questa o quella parte. Crediamo che questo PD non sia in grado di autoriformarsi, non è stato capace prima di risolvere questioni che potevano essere più semplici, come i temi etici, e di certo ora che la linea politica è dettata da un uomo solo al comando, che ama circondarsi di cortigiani compiacenti quanto poco adatti ai ruoli di grande responsabilità che hanno assunto, la situazione non è destinata a migliorare. L’occupazione militare di ogni spazio politico e l’emarginazione del dissenso non possono produrre buoni frutti. Quel partito che molti di noi hanno contribuito a far nascere, che abbiamo aiutato a crescere, nel quale abbiamo creduto e sperato non esiste più. Auguriamo a chi ancora continua in buona fede a crederci di riuscire laddove noi oggi riteniamo non sia più possibile. Con loro avremo certamente occasione di ritrovarci in altre sedi e in altri tempi. Crediamo di avere ancora risorse umane e di esperienza da impiegare in maniera utile alla collettività e ci mobiliteremo con entusiasmo per coinvolgere le tante persone che il PD ha isolato negli ultimi anni, ci rivolgeremo ai tanti che oggi non si sentono rappresentati da questo partito e che guardano con speranza alla possibilità che la sinistra in Italia possa trovare una voce e una rappresentanza adeguata alle sfide oggi in campo. Una sinistra che sappia mettersi al servizio di una idea di governo per la quale non conti solo vincere, indipendentemente dal come e per fare cosa; una sinistra che non dimentichi il proprio programma il giorno dopo averlo enunciato e avere chiesto ai cittadini elettori il voto a sostegno; una sinistra che mantenga saldi i propri valori di riferimento e le proprie funzioni di rappresentanza sociale e politica. Una sinistra che non può essere rinchiusa in un tweet. Non mentiremo, dicendo che ci dispiace lasciare questo PD: troppe volte ci siamo detti che si stava toccando la soglia del non ritorno. Ci dispiace, casomai, di avere aspettato tanto a lungo.
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