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Considerazioni finali sulla querelle-Conferenza capigruppo

Intervengo per l’ultima volta sull’argomento, dopo aver letto la risposta di Torresi a Fucini. Premetto che non ho alcuna volontà di  rinfocolare polemiche sopite e che considero tutta la discussione alquanto stucchevole, insomma una polemica da addetti ai lavori, sicuramente poco interessante per la maggior parte dei cittadini. Allo stesso modo non ritengo che la diatriba che ha dato origine a tutto questo bailamme sia di alcuna rilevanza politica: che una mozione si discuta a giugno piuttosto che a luglio non credo sia un dilemma capace di togliere il sonno a nessuno. Allora, mi si chiederà, che intervieni a fare? E la risposta è: per due buone ragioni.
La prima ragione è culturale. Mi pare che troppo spesso si tenda oggi a confondere l’indipendenza col qualunquismo. Essere indipendenti in politica è la cosa più difficile che esista, significa porsi su un piano diverso dagli altri (soprattutto da coloro che militano nelle forze politiche tradizionali, come me) ed assumere posizioni di volta in volta rispondenti solo ed esclusivamente al proprio originale pensiero personale. Questo atteggiamento porta a sposare di volta in volta posizioni di “destra” o di “sinistra” e, per chi ha ruoli istituzionali, significa manifestare tutto questo col voto. Mi rivolgo a Torresi, col massimo rispetto s’intende, per chiedere quante volte questo sia accaduto nel suo caso. A me pare che egli si sia quasi sempre conformato, nelle parole e nei fatti, al pensiero dominante nella minoranza di destra. Sia chiaro, è un modo di fare perfettamente legittimo, ma non c’è in questo alcuna traccia di quell’indipendenza di pensiero che egli spesso rivendica. Voglio fare un esempio. Nell’ultimo Consiglio Comunale egli, accodandosi ad una decisione della minoranza, ha abbandonato per protesta l’aula, rifiutandosi di votare pratiche urbanistiche di ignari cittadini che, manco a dirlo, non avevano niente a che fare con il motivo della protesta (la famosa mozione da discutere a giugno o a luglio), ma avevano invece il sacrosanto diritto di vedere approvate le loro legittime istanze private. E’ stato questo un atto da persona indipendente? E, soprattutto, è stata una decisione giusta? Mi piacerebbe che il giovane consigliere (che gode della mia considerazione e simpatia) riflettesse adeguatamente su queste parole.
La seconda ragione è personale. Nel suo secondo intervento Torresi, probabilmente trascinato da un’eccessiva vis polemica, ha accusato Fucini, fra le altre cose, in verità tutte un po’ sgradevoli, di essere troppo attaccato alla poltrona. Ora, io conosco Sergio da tanti anni e posso assicurare che se c’è un difetto che egli assolutamente non ha è proprio questo.  Anche in questo caso voglio raccontare un episodio che pochi conoscono. Dopo la sonante vittoria alle ultime elezioni amministrative il sottoscritto, constatato che Fucini era stato il più votato nella lista di Rifondazione Comunista, gli propose di entrare in Giunta come Assessore. Ebbene Fucini mi ringraziò e rifiutò cordialmente l’invito, dimostrando una modestia rara nell’ambiente politico e dimostrando soprattutto che la sua militanza, che può piacere o non piacere, è motivata esclusivamente da autentica passione ideale. Tanto gli dovevo, sia per amicizia che per amore di verità.
Infine mi sia consentita un’ultima riflessione che riguarda un altro cavallo di battaglia del consigliere Torresi: il rinnovamento generazionale della classe politica nostrana. Solo per la cronaca, vorrei dire che egli non è il solo a potersi fregiare di questo argomento. A parte il fatto che il sottoscritto, vari assessori e consiglieri di maggioranza non possono certo essere definiti dei vegliardi (anzi tutt’altro …!), vorrei comunque informarlo che recentemente si è svolto il Congresso comunale del PD che ha visto ovviamente anche l’elezione degli organi dirigenti. Ebbene, sia il nuovo Coordinatore Comunale che gran parte dei dieci Coordinatori di Circolo hanno tra i trenta e i quaranta anni.  Come si vede, noi il rinnovamento generazionale non ci limitiamo a sbandierarlo a parole, ma lo facciamo davvero

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