E’ notizia di questi giorni che sono ben 46 le città italiane che hanno risposto al bando del Ministero dei Beni Culturali per conquistare l’ambito titolo di Capitale italiana della Cultura 2020 (come è noto quella attuale è Pistoia, poi toccherà a Palermo nel 2018, quindi a Matera nel 2019 che è stata anche designata Capitale Europea). Si tratta di un vero e proprio record di partecipazione rispetto alle precedenti edizioni che testimonia l’attenzione crescente rivolta a questa iniziativa da parte di municipalità di ogni colore politico. Peraltro è facile anche comprenderne i motivi, visto che il premio per il vincitore consiste nella possibilità di fregiarsi di un prestigioso marchio nazionale e, soprattutto, di ottenere la disponibilità della ragguardevole somma di un milione di euro.
Leggendo i nomi dei 46 contendenti ho subito notato due cose. La prima e che essi sono quasi equamente distribuiti lungo lo stivale e che, per la precisione, dodici sono del nord, otto appartengono al Centro e diciotto sono del Sud. La seconda, che non mi ha fatto certo piacere, è che solo due sono toscani (Pietrasanta e Montepulciano) e, per l’ennesima volta, nessuno è della provincia di Arezzo.
Come si dice in questi casi, la domanda sorge spontanea: perché? Di sicuro non perché manchino alla nostra terra le caratteristiche necessarie a proporre la propria più che autorevole candidatura. Penso infatti, senza tema di smentita, che in primo luogo il capoluogo aretino, ma anche altre città come Cortona, Sansepolcro, Montevarchi, San Giovanni Valdarno, Bibbiena (solo per citare le più grandi), posseggono senz’altro un tale campionario di bellezze paesaggistiche, archeologiche, culturali, monumentali, artistiche e architettoniche da non temere la competizione con chicchessia, come attesta il fatto innegabile che esse sono da sempre apprezzate da frotte di turisti provenienti da ogni parte del mondo.
E allora? Viene purtroppo il dubbio che le nostre amministrazioni comunali abbiano ritenuto che l’impresa fosse superiore alle loro forze o, peggio ancora, che abbiano sottovalutato l’importanza dell’evento. In entrambi i casi, pur con tutto il dovuto rispetto, devo dire che non sono affatto d’accordo e che considero questa timidezza nel mettersi alla prova un fatto se non proprio grave certamente incomprensibile.
Sia chiaro, da ex sindaco, mi rendo perfettamente conto di quanto sia complicato destreggiarsi in mezzo alle tortuose procedure amministrative del nostro Bel Paese, ma questo non può essere considerata una buona scusa per non fare neppure il tentativo, magari anche in forma associata, di raggiungere un risultato che sarebbe stato estremamente positivo per la promozione del nostro territorio e per l’occupazione dei nostri concittadini, specie i più giovani.
Un plauso dunque, per quanto mi riguarda, a Pietrasanta e alla vicina Montepulciano per essersi messe in gioco senza timori reverenziali e con la giusta convinzione nei propri mezzi e, di contro, un moto di delusione nei confronti di chi ha preferito defilarsi, accontentandosi di quanto è stato da altri precedentemente conquistato. Comunque vada a finire, le due città toscane hanno già conseguito la loro prima vittoria, perché di loro si parlerà a lungo nei giornali e nelle televisioni nazionali. Una grande pubblicità gratuita che sarebbe stata anche alla portata delle municipalità aretine, solo che ci avessero almeno provato.
Il Referente Provinciale Articolo Uno – MDP Arezzo Andrea Vignini
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Sono perfettamente d'accordo con lei! Anc'io, in sincerità, anch'io avevo fatto questa considerazione senza però esternarla per non conoscenza delle procedure e dei requisiti necessari per partecipare. Come diceva De Coubertain: "L'importante non è vincere ma partecipare"! Quindi mi asssocio nel chiedere spiegazioni ai Sindaci aretini e, in particolar modo, al Sindaco di Arezzo e al suo Assessore, che sembra molto attento a certe forme di sponsorizzazione turistica della città.