Del pensiero di Roberto Giachetti non condivido molto, di lui però apprezzo quel tipo di coerenza che fece dire a Bernard Berenson: “La coerenza richiede di ignorare oggi come si ignorava un anno fa”.
Concordo però con lui quando esclude la possibilità di una segreteria unitaria per guidare il Pd.
Bravo Roberto!
Non se ne può più del “volemose bene” per forza, non serve una mano di biacca per nascondere le crepe. La verità è che dentro il PD convivono idee politiche, scelte culturali, prospettive molto diverse da loro.
Fino a oggi come hanno fatto a convivere? Prima c’erano i “padri nobili” che, in virtù della loro storia e della loro autorevolezza, tenevano insieme la famiglia, poi è arrivato il cemento del potere, gestito alla maniera degli stati feudali. Tuttavia, quando le sconfitte hanno messo il re a nudo, è successo come in Jugoslavia: è scomparso lo stato e sono venute fuori le piccole patrie.
Detto questo che succede dalle nostre parti? La scelta per rimettere in carreggiata un partito provinciale provato da sconfitte storiche, disorganizzazione e perdita di peso è stata quella di un triumvirato dove ai due uomini (io averi preferito anche qualche donna) indicati dalle aree politiche, si è aggiunto il regionale. Una scelta inevitabile, quasi obbligata, ma che serve solo a rinviare i problemi.
Si poteva fare diversamente? Forse, per esempio andando subito a un congresso provinciale che chiarisse, una volta per tutte, la situazione. Perché non si è fatto? Qualcuno dice per problemi statutari, qualcun altro perchè la mediazione richiede tempo.Forse il congresso provinciale si farà subito dopo le europee e le amministrative, confidando che arrivi un po’ di linfa dal voto locale, anche se le avvisaglie non sono belle.
Ma intanto che si fa? Registriamo il grido di dolore di aziende che chiudono, cambiamenti nella sanità, problemi alle infrastrutture e la politica in tutto questo si mostra silente. Ci si perde invece sulle percentuali di un’elezione primaria che interessa ben poco. Si discute se Zingaretti vincerà bene o vincerà male e intanto il mondo gira come una trottola.
Ha ragione Giachetti: la pensiamo in maniera diversa su troppe cose. Io sono stanco di una “unità” fittizia, meglio la parola “chiarezza”, perché, come diceva quel soldato nel film Platoon,: “Non riesco a credere che combattiamo tra di noi quando dovremmo combattere contro i Viet Cong”.
Torniamo a parlare con la gente, con i non garantiti, con gli esclusi, con coloro che lottano per arrivare a fine mese. Con quelli che non hanno i soldi per mandare i figli all’università o in gita scolastica. Con quelli che languiscono nelle liste di attesa. Con i ragazzi che lavorano per una cifra più bassa del reddito di cittadinanza, con gli imprenditori decimati dalla crisi e da una politica fiscale sbagliata. Non ci servono platee di garantiti che guadagnano e 3000 euro il mese, ci serve quel popolo che abbiamo perso. E se questo significa far alzare a qualcuno il sopracciglio, io rispondo che c’è chi ha scritto “c’è un gran bisogno di un centro moderato in questo paese” .
Paolo Brandi