Oggi, 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. La violenza ha molte facce, può essere sessuale, economica, psicologica; violenza perpetuata all’interno delle mura domestiche e del luogo di lavoro, e spesso per mano di uomini: mariti, amanti, padri. Ogni anno si contano le vittime di questa violenza, sono 115 le donne uccise nel 2012, ma questo numero non basta per obbligare il parlamento a legiferare in tal senso.
Tra pochi giorni dovrà essere ratificata la Convenzione di Instanbul, il trattato internazionale che affronta il fenomeno e ha tra gli obiettivi la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime e la perseguibilità penale degli aggressori, ma dai dibattiti durante i lavori parlamentari emerge che alcuni uomini ritengono anticostituzionale parlare di violenza sulle donne. Sicuramente questo ci gratifica e ci rende orgogliosi della classe politica che abbiamo espresso. Ma nessuno parla della presenza di una violenza più subdola e sottile, per questo più difficile da sconfiggere, ma la colpevole poi di tutte le altre; mi riferisco alla violenza della politica, mondo maschile e maschilista per eccellenza. Come assessora alle pari opportunità vorrei, quindi, sottolineare questa triste realtà; riflessione stimolata da alcune colleghe del Veneto.
Sicuramente ci chiediamo qual è la violenza della politica nei confronti delle donne, vi riporto di seguito alcuni esempi. Innanzitutto il continuo taglio di fondi su quei progetti, come le case-rifugio o i centri anti-violenza, che quotidianamente combattono in prima linea per la tutela delle donne e dei loro figli; così come il continuo smantellamento del welfare, nato intorno agli anni Settata, per facilitare la conciliazione dei tempi lavoro-famiglia, che cade sulle spalle del genere femminile.
La politica, soprattutto negli ultimi anni, si è totalmente dimenticata del lavoro femminile: non si è legiferato contro le dimissioni in bianco, non ci sono stati interventi per limare il gap salariale tra uomini e donne, non sono state prese misure per ridurre la disoccupazione femminile, arrivata oggi al 50%. I diritti che sono strettamente connessi al genere femminile sono continuamente messi sotto attacco; pensiamo alla legge 194, legge dello Stato, ostacolata dall’elevato numero di medici obiettori, condannato dall’Unione Europa, e dall’emanazione di alcune leggi regionali che permettono ai movimenti pro-life di entrare nei consultori e all’interno dei presidi ospedalieri. Non voglio poi dimenticare le lotte per le “quote rosa”, inserite negli statuti delle amministrazione e cda, che però, poi, i partiti candidano e sostengono solo ed esclusivamente nomi maschili, come se la presenza di genere dovesse garantirla qualcun altro, ma non loro. Gli elementi per un’analisi della continua violenza della politica sulle donne sono molti, quindi mi sono limitata a citarne solo alcuni. Ma l’ultimo elemento più rilevante, per ordine di tempo, è l’idea di fare le primarie proprio oggi, oscurando così questa giornata, già poco attrattiva per i media. Nessuno dei candidati si è espresso in tal senso, nessuno si è posto il problema di spostare la data. Chiediamo ai nostri politici fatti. Uno di questi poteva essere quello di evitare la concomitanza di un evento, più appetibile a livello mediatico, con una giornata così piena di significato come questa. Staremo a vedere, ma già si parte con il piede sbagliato.
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