E anche l’ultima madre costituente se ne va: è infatti morta Teresa Mattei. Partigiana toscana, con il nome di battaglia Chicchi, ha partecipato attivamente alla guerra di resistenza contribuendo all’attentato in cui venne ucciso il filosofo Giovanni Gentile. Le sue gesta e quelle del suo gruppo furono poi raccontate dal regista Roberto Rossellini nel film Paisà.
Il suo contributo, come quello di tutte le donne nella Seconda Guerra Mondiale, fu fondamentale per l’acquisizione di alcuni diritti, come quello di voto, da sempre negati nel nostro Stato. E questa sua lotta e il suo impegno furono premiati con l’elezione all’assemblea costituente, entrando nella storia per essere la più giovane, aveva infatti solo 25 anni. Non si è mai scoraggiata di fronte a niente, e ha combattuto fino alla fine per i suoi ideali; lei, ragazza madre, in un’epoca in cui per fare scandalo bastava molto meno, fondò l’Ente per la Tutela morale del Fanciullo e, terminata la sua carriera politica, continuò la battaglia in favore dei diritti delle donne, contribuendo anche alla formazione dell’Udi (Unione Donne in Italia), della quale sarà poi anche presidente. Muore pochi giorni dopo l’8 marzo, la sua festa. Fu lei, infatti, a inventare il simbolo della Mimosa. Quando Luigi Longo, vicesegretario del PCI, chiese cosa si potesse regalare alle donne per la loro festa, Teresa pensò subito alla mimosa, in contrapposizione alla violetta francese e all’orchidea proposta dalle socialiste. Perché la mimosa? Perché era un fiore povero che sbocciava proprio i primi di marzo e che era facilmente reperibile nei campi, ma anche perché “la mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette, mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente”. Oggi, sicuramente, la realtà è diversa ma è giusto ricordare i simboli delle feste e soprattutto la loro tradizione. Ma, oltre la mimosa, ha “inventato” due parole fondamentali della nostra costituzione. Chiese l’inserimento dei termini “di fatto” nell’articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Come ricordato in precedenza, però, la sua azione politica non finì con la sua carriera, fu infatti promotrice di una raccolta firme rivolta a Ciampi, contro la guerra in Iraq; nel 2004 ha espresso la sua più ferma condanna sull’ipotesi di scambio della grazia per Adriano Sofri con quella di Erik Priebke, il torturatore del fratello nonché l’aguzzino di tanti altri partigiani romani. La breve storia da me riportata non rende comunque onore a una donna, che nel corso della sua vita si è dedicata con infaticabile impegno nell’affermare i diritti delle donne nella società e quelli dell’infanzia, in attuazione dei principi di quell’articolo 3 della Costituzione, che tanto lei amava. Una donna che aveva lasciato la carriera politica, non appena aveva capito che il suo “compito” era terminato, ma che, al di fuori dei luoghi istituzionali, non ha mai smesso di lottare e combattere per ciò in cui credeva. E la staffetta Teresa a chi ha passato il testimone? Donne come lei o come Nilde Iotti, cosa ci hanno insegnato? Purtroppo niente. L’attuale classe politica non ha ereditato queste qualità, basti vedere i casi Scillipoti o De Gregorio, si pensa alla carriera piuttosto che ai nostri valori e ideali, quelli per i quali, a logica, dovremmo essere votati. Non si pensa al peso che gli incarichi istituzionali hanno, ma si vedono come una vetrina o un trampolino di lancio per carriere successive e come dice Rino Gaetano partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri. Dobbiamo capire qual è il reale significato dei nostri ruoli, prenderli sul serio e realizzare ciò in cui crediamo e per cui lottiamo; non scoraggiamoci di fronte alle paure, ai giudizi e alla “morale”, portiamo a termini i nostri obiettivi e se non ci riusciamo, facciamoci da parte e diamo la possibilità a chi potrebbe realizzarli meglio di noi. Le capacità e le competenze devono essere premiate; Teresa entrò a far parte di quell’assemblea perché aveva contribuito in maniera attiva al bene del nostro Paese, è stata votata perché aveva dimostrato di meritarseli quei voti con un impegno costante nel territorio, possiamo dire lo stesso dei nostri senatori e deputati? Li conosciamo? Alcuni di loro non sanno neanche come funziona un Parlamento e sono loro i degni eredi di quella classe politica? Io ringrazio queste donne che oggi mi danno la possibilità di vivere in maniera seria il mio ruolo e da loro prenderò esempio per il mio futuro. Teresa spero che, io come altre donne amministratrici, possiamo aver preso il tuo testimone e portare avanti le battaglie nelle quali crediamo.