Non andare a votare può essere una buona protesta contro la “casta”, che, difatti, è preoccupata dell’astensionismo, perché si sentirebbe delegittimata e quindi colpita da una proporzionale attenuazione del suo potere, ma è una pratica fortemente autolesionista, “tafazziana”, perché la rinuncia ad esprimere le proprie preferenze comporta necessariamente rimettersi a quelle altrui.
Se la maggior parte dei simpatizzanti di una certa idea politica non andassero a votare si troverebbero ad essere governati dall’idea opposta, questo soprattutto se gli astensionisti fossero governati attualmente dai partiti che li rappresentano, contro i quali pensano di sollevare una sentita protesta, finendo per peggiorare la situazione invece che migliorarla, inviando un messaggio di malcontento ai propri rappresentanti invece che votarli e cercar poi di migliorare col proprio lavoro i meccanismi rappresentativi interni.
Dire che si è stufi dei politici che si fanno solo gli affari loro e non andare a votare significa praticamente rinunciare al diritto primario alla democrazia e quindi aumentare piuttosto che diminuire la distanza della politica dai cittadini, cioè lavorare “contro” la democrazia.
Andate tutti a votare, altrimenti il consiglio regionale lo scelgo io e non so se sono in grado di farlo bene.
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Condivido l'analisi di Giancarlo con un solo distinguo: alla gran parte dei candidati in realtà interessa poco il problema dell'astensionismo.
L'importante è essere eletti, poi se va a votare l'80% o il 20% o solo gli addetti ai lavori e quelli che campano di politica cambia poco.
Alla fine anche questo, secondo me, è un motivo in più per andare a votare
Certo, a chi fa politica quel che importa è essere eletto, perché andare, per esempio, nel consiglio regionale della Toscana, e poi magari proseguire nella carriera significa sistemarsi per tutta la vita con livelli di reddito irragiungibili per la maggior parte di noi; la politica è l'unico ascensore sociale attivo nel nostro paese delle "dispari opportunità", e su questo piano sarà impossibile selezionare e formare una classe politica adeguata alla complessità del compito.
Lancio una proposta: facciamo una legge regionale che preveda che gli eletti percepiscano la stessa retribuzione che hanno dal loro lavoro e che torneranno ad avere alla scadenza del mandato; così avremmo una classe politica meno attenta ai propri interessi personali, come saremmo anche tu ed io se fossimo nella competizione, ma più sensibile agli interessi dei cittadini in quanto motivati più dalla passione che dal denaro.