Propongo alcune riflessioni sul tema delle riforme costituzionali, sulla base anche di quanto sentito alla conferenza organizzata venerdì a Cortona dai Lions, rivelatasi un utile momento di approfondimento. Il tema delle riforme, anche se rischia di finire in secondo piano nell’attenzione dei cittadini (e ben vengano, quindi, incontri come questo), è senz’altro di prim’ordine nel programma del Presidente del Consiglio Renzi che alla risoluta volontà riformatrice ha legato indissolubilmente una parte delle sue fortune politiche.
E’ chiaro quindi che il referendum di Ottobre in cui gli italiani saranno chiamati ad approvare o respingere la riforma sarà un momento importante per lo stesso premier in cui certo conteranno le proporzioni fra Sì e No, ma anche il livello di partecipazione al voto, che potrebbe rivelarsi molto basso confermando un sentimento di disinteresse / disaffezione dei cittadini verso la cosa pubblica e le vicende politiche
Riformare modificando il testo costituzionale e l’equilibrio delle istituzioni del nostro paese è una delicata “arte” non immune da pericoli. Vediamo allora di capire se, con il nuovo testo costituzionale, i cittadini ci guadagneranno davvero
Come guadagnerebbero i cittadini? Come davvero farebbero un “affare”? Senza dubbio ritrovandosi fra le mani un sistema istituzionale più efficace e veloce nel quale poter continuare a incidere col loro voto, con (nel contempo) una spesa complessiva minore
Se si ragiona di spesa le perplessità emergono subito: si poteva ridurre il numero degli eletti e il loro compenso, snellendo significativamente le “macchine” organizzative di Camera e Senato senza incidere nella riduzione di democrazia che invece si ottiene privando i cittadini della possibilità di eleggere direttamente i loro rappresentanti. La riduzione dei costi, dunque, sembra più che altro una scusa o quantomeno un obiettivo raggiunto poco e male, percorrendo la strada meno lineare e logica (cioè togliendo il voto diretto ai cittadini)
Se poi queste modifiche del Senato si calano in una realtà che prevede l’Italicum come sistema elettorale per la Camera, l’unica che sarebbe votata dai cittadini, i dubbi aumentano. L’Italicum prevede che qualsiasi partito (e non una coalizione) che ottenga il 40% dei voti (cioè poco meno del 20% degli aventi diritto, se si prosegue con questo bassissimo trend di affluenza alle urne) si veda assegnato il 60% dei parlamentari eletti alla Camera. Neanche 2 italiani su 10, quindi, rischiano di decidere per tutti e il Senato, non più eletto dai cittadini, ridotto a 100 membri che devono anche occuparsi di fare i Sindaci o i Consiglieri Regionali, ingabbiato in un rigido schema di ridotti poteri e competenze rischia di diventare una scatola vuota
E’ difficile poi non immaginare la ricaduta negativa sui livelli locali, Comuni compresi, di questo sbilanciamento istituzionale che rischia di marginalizzare le realtà più piccole su tanti temi, ad esempio su infrastrutture ed energie. Il mini-Senato fatto di Sindaci delle grandi città e dei Consiglieri Regionali rischia di essere chiamato a rappresentare i territori arrivando però al risultato contrario, perdendo di vista le loro connotazioni specifiche, i bisogni reali, le esigenze perchè troppo piccolo e “lontano” per dare realmente voce a tutti.
Non è esagerato, ma realistico, affermare che saranno notevolmente ridotti gli strumenti di presidio, utili ad esempio a fermare progetti quali il mega-impianto “Powercrop” di Castiglion Fiorentino, o il raddoppiamento dell’impianto di incenerimento dei rifiuti di San Zeno, opere avversate oltre che dai cittadini anche dalla maggioranza dei Sindaci del territorio. Con la nuova trama istituzionale rischieremo il non completamento della E78, così come l’accantonamento della stazione alta velocità “Media Etruria”? Riflettiamoci
E chiediamoci anche perchè, dopo che per oltre 55 anni nessuno aveva mai modificato nulla della nostra carta costituzionale, negli ultimi 15 anni si sia così tanto cercato di cambiarla a colpi di maggioranza, incidendo fra l’altro sul “Titolo V” che risale solo al 1970 ed è già stato modificato due volte
Questo accanimento suona strano se pensiamo che vi sono paesi come la Gran Bretagna cha ha regole costituzionali che durano da secoli e sono “non scritte” (ma comunque da tutti rispettate) o come gli Stati Uniti, la cui costituzione risale al 1776…
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Disse Churchill "la democrazia è il peggiore dei sistemi, esclusi tutti gli altri" ed io mi permetto di essere d'accordo con lui, ma quando in nome dell'efficenza del sistema si riducono le sue articolazioni si peggiora sempre un po'.
C'è comunque da dire che chiave della sua efficacia resta fondamentale il rapporto fra cittadini elettori ed eletti, comunque essi siano organizzati, a qualunque livello istituzionale, e chiave della democrazia reale sono i partiti che, come previsto dall'art. 49 della Costituzione, sono lo strumento con cui la popolazione deve orientare il lavoro delle assemblee e dei governi, locali o nazionali che siano. E' a mio parere in questa articolazione che difetta l'attuale sistema ed è essa che deve essere meglio, molto meglio, "articolata" di quanto non sia stata finora e su questo, piuttosto che su dibattiti spesso ininfluenti sul tenore della democrazia, che devono applicarsi le strutture territoriali e nazionali dei partiti, a cominciare da quelli più autenticamente "Democratici"
L'articolo 49 si limita a garantire ,ai cittadini italiani, la facoltà di associarsi in partiti nell'esercizio dei loro rapporti politici.Nulla di meno,ma,soprattutto,nulla di più.L'esagerazione del ruolo e dell'importanza dei partiti a scapito della formazione della rappresentanza ha prodotto la "partitocrazia".Perversione del sistema democratico che le cosiddette riforme renziane vogliono istituzionalizzare in modo inverecondo.
Da solo l'articolo 49 non dice granchè.Molto di più l'insieme dei sei articoli (48-54)ricompresi ,appunto, sotto il titolo IV della parte I della Costituzione.Quella che si occupa diritti e dei doveri dei cittadini.