Questa mattina mi sono imbattuto in un articolo sulle pene inflitte a Lindsay Lohan dopo ognuno dei suoi arresti. Partendo dal presupposto che queste notizie mi lasciano del tutto indifferente, ho notato che, per indicare i processi rieducativi che consentono a chi viola la legge di redimersi, l’autrice dell’articolo ha usato la parola inglese “rehab”. Sorvolando su delitti e castighi vari, l’uso di questo termine è un chiaro indicatore di come la nostra stessa lingua si trovi a dover fare i conti con la globalizzazione.
Non solo fabbriche e aziende sono schiacciate dal peso di un mondo diventato improvvisamente troppo grande e competitivo, ma anche la nostra meravigliosa, musicale e complessa lingua italiana deve vedersela con questa nuova realtà, dove i confini sono diventati labili, quasi rarefatti.
Non auspico di certo il ritorno dell’autarchia, specie linguistica, specie in un momento dove l’inglese è un comodo “pass par tout” che permette di farsi capire in ogni angolo del globo, ciò nonostante mi sono reso conto di come si stia sempre più diffondendo l’uso degli inglesismi in ogni circostanza.
Leggendo articoli, libri, seguendo programmi, telegiornali e tutto quello che comporta espressione linguistica, ho costatato questa tendenza che, spesso e volentieri, si è rivelata soltanto un bieco stratagemma per dare spessore a esposizioni altrimenti atone.
Naturalmente ci sono ambiti per i quali sarebbe ridicolo fare il contrario: pensiamo al linguaggio legato all’informatica e a quella vasta terminologia entrata a far parte della nostra quotidianità: chi di noi entrerebbe mai in un negozio per comprare un calcolatore elettronico invece di un computer?
Tuttavia, poiché l’italiano è una delle lingue più “belle” del mondo, sarebbe dovere, se non obbligo, farne tesoro, sviscerandolo, usandolo anche laddove si potrebbe ricorrere a locuzioni straniere solo per fare “figo” o per seguire una moda strampalata.
L’italiano è la nostra lingua, e proprio come il nostro immenso patrimonio artistico, è qualcosa che ci appartiene e della quale dobbiamo prenderci cura.
La globalizzazione ha avvicinato tutto e tutti, ma quelle peculiarità positive che ci rendono unici come popolo devono essere valorizzate e tutelate, ma parlare di “rehab” non è il modo migliore per cominciare.
Sono le piccole cose che fanno la differenza e a volte basta una semplice parola per dare un nuovo corso alla cultura, nel suo più ampio significato.
Buon italiano a tutti.
Stefano Milighetti.
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Quanto sono d'accordo con Stefano!
Pur considerando l'utilità di ricorrere in alcuni casi ad una lingua "globale",tecnica sotto alcuni aspetti ,perchè non recuperare la sana abitudine di utilizzare un equivalente termine nella nostra lingua,l'italiano appunto.
L'articolo,molto interesante,da adito a molte riflessioni che non è possibile affrontare in un commento.
Vorrei invece porre attenzione su un concetto che Stefano Milighetti ha espresso con chiarezza,quello circa l'unicità di un popolo e del suo linguaggio.
Effettivamente il linguaggio esprime le caratteristiche,i contenuti di un popolo dal suo nascere ,nel suo evolversi.
E la nostra lingua italiana articolata e complessa,che origina da un Latino la cui sintassi e il cui vocabolario sono di una ricchezza meravigliose,esprime ,ha espresso altamente,le qualità della nostra italianità,quali la forte poeticità,sentimentalità.fantasia;la capacità oratoria e dialettica,nonchè la possibilità di dialogare ,dissertire ,contestualizzare e tanto ancora.
Capita spesso purtroppo di rilevare "perduti" aspetti fondamentali di linguaggio di vita in "sintesi "terribili",ormai troppo diffuse,messaggi ,messagini,in un parlare per fatti ,peggio fattarelli,che denotano , a mio parere,non solo perdita di linguaggio,ma di pensiero ,di contenuti,di identità ed unicità di cui sopra.Realmente considero alla base di questa "perdita" il prevalere di una" materia",il marketing,che nel corso del tempo,ormai lungo,è andata a sostituire quelle materie umanistiche ,vere , che che hanno consentito attraverso il linguaggio una comunicazione ,fatta di confronti ,dove esprimere le diversità in maniera profonda complessa significava crescita ,superamento dell'apparenza ,quell'andare oltre che consente di fare della vita un'esperienza dinamica vivace e meravigliosa.Lucia Bianchi.