di Fabio Comanducci
In democrazia per poter governare è necessario avere la maggioranza assoluta degli eletti, meglio se la maggioranza è più sostanziosa, non si sa mai. In democrazia contano quindi i numeri e non il gradino del podio raggiunto alle lezioni. La graduatoria dice primo il partito 5Stelle, secondo il Partito democratico e terzo la Lega di Salvini. Se guardiamo alle coalizioni, più o meno ballerine (la storia, anche recente, insegna) il primo posto spetta al centro destra, considerato tutto intiero, con il perdente partito di Forza Italia e il non lanciato partito di destra Fratelli d’Italia, a cui comunque manca una cospicua parte di eletti per poter raggiungere una maggioranza solida.
In questa situazione è palese che, se escludiamo una coalizione tra i due partiti vincenti e cioè cinque stelle e lega, l’ago della bilancia lo fa il PD, il partito più odiato d’Italia, tant’è che in tutte le precedenti elezioni, in una situazione di ballottaggio, gli italiani hanno preferito votare qualsiasi “altro” rispetto al candidato PD, ovunque tranne nelle regionali del Lazio dove un non renziano, fratello di Montalbano, ha conquistato l’incarico di presidente della regione e dove si è perpetrato un nuovo ridicolo e incomprensibile strappo nella sinistra con i reduci della grande sconfitta dei LeU ( liberi e uguali a D’Alema e Bertinotti, amanti delle poltrone e capaci, per ideali molto ideali, di essere capaci solamente a tagliare e mai a ricucire).
Con il gufo Renzi che lascia e non lascia e comunque guadagna una bella cifra tra stipendio, rimborsi e bonus vari, il PD del reggente Martina può essere determinante nella costituzione del governo, governo che dovrà assumere importanti decisioni a prescindere dalle novità e invenzioni elettoralistiche, come per esempio trovare 30 miliardi per non infrangere le clausole di garanzia previste a livello europeo.
Il Paese, se non scende in campo il PD, rischia di avere un governicchio che si basa su una fragile maggioranza, ostaggio di personali ricatti, incapace di porre in essere quell’attività di gestione della cosa pubblica e di propulsione al miglioramento del Paese, necessario all’Italia, oggi come non mai: si, oggi come non mai perché ancora siamo in fase economica espansiva ed è in questa situazione che possiamo fare vere politiche espansionistiche … prima o poi la pacchia finisce. I bassi tassi di interesse, il grande impulso alle nostre esportazione, il vero volano della nostra economia che, invece, ancora annaspa per i consumi interni, già alla fine di quest’anno potrebbero avere una battuta di arresto o comunque di rallentamento. E tutto ciò l’Italia non può deciderlo e gestirlo da sola, ma deve farlo in armonia e collaborazione con l’Europa, ove ogni Paese, come ben sappiamo, tira l’acqua verso il proprio mulino. Quindi occorre forza per far valere le proprie ragioni che solamente un governo interno forte può avere … certo ci vogliono anche competenza e capacità, ma queste le diamo benevolmente per acquisite, siamo ancora sotto le feste pasquali.
Il PD è ad un bivio: dare la propria disponibilità di collaborazione ai 5 stelle, qualora la destra fallisse nel predisporre una coalizione compatta di governo, o, come la logica apolitica consiglierebbe, concentrare tutte le energie nella faticosa e perigliosa ricostruzione di un partito credibile di centro sinistra, di sapor social democratico parimenti alle grandi democrazie del nord Europa, con l’anima e il temperamento mediterraneo
In altri termini, lasciare l’Italia in balia di se stessa, con governi impediti nella propria azione, o appoggiare con serietà un governo che sarà sempre considerato comunque un governo di altri se vincente e un governo del PD se perdente, decretando così la definitiva morte del PD come già successo in passato per il partito socialista, la democrazia cristiana e il partito comunista?
A Martina il compito di decidere, di trovare il giusto equilibrio tra esigenze di partito ed esigenze del popolo intiero, tutto ciò, mi auguro, indirizzato a riconquistare quella fiducia persa, persa, attenzione, non per colpa del popolo ma per colpa del partito stesso, comandato da quel disgraziato di Renzi e del suo giglio magico.