E’ mai possibile che il problema principale per Arezzo sia la questione di Arezzo Wave? Con tutto il rispetto per il suo organizzatore, che considero un grande professionista, penso che le priorità siano ben altre. Chiudono le aziende, aumenta la disoccupazione, i giovani non trovano lavoro, Istituzioni e associazioni economiche battono la testa sul muro per capire quale direzione prendere e qui si fa del “salotto” su di un festival musicale.
Gli stessi partiti, che evidentemente le cose serie le lasciano ai tecnici, si arrovellano sul tema. C’è di che rimanere basiti. Io non nego che arte, musica, spettacolo siano una parte dell’economia, non contesto che manifestazioni importanti direttamente o indirettamente portino gente e facciano conoscere un territorio, così come sarebbe sbagliato non considerarne gli effetti indiretti sulla crescita di una comunità. La cultura non è solo PIL è un balsamo per la società, fa bene al corpo e alla mente. Detto questo mi rimane il dubbio se tutto questo gran parlare non nasconda in realtà un incapacità ad affrontare i problemi alla loro radice. Il nocciolo vero è che le questioni di un territorio non si risolvono con eventi una tantum, ne tantomeno facendoli diventare una specie di totem intorno a cui danzare sperando che arrivi la pioggia dopo anni di siccità. Capisco che è più facile discutere di Arezzo Wave che non delle difficoltà strutturali in cui versa il settore manifatturiero in provincia di Arezzo, è più semplice parlare di musica che non affrontare temi “scabrosi” come quello dello smaltimento dei rifiuti e del nuovo termovalorizzatore, capisco che è più agevole arrovellarsi sulle onde sonore che non, come direbbe Edoardo Nesi “pensare a chi lavora (se lavora) e vuol continuare a farlo”. Di questo passo quei poteri forti, che tutti aborrono, avranno più di un motivo per dire “ragazzino lasciami lavorare”.