Ormai da alcuni anni quando si avvicina il Natale salgono all’onore (spesso al disonore) della cronaca insegnanti o dirigenti scolastici che impediscono ai loro studenti di esprimere l’attaccamento alle tradizioni natalizie con presepi, recite e canti. Costoro giustificano tale divieto adducendo motivi di rispetto e sensibilità per gli studenti di altre religioni. Quest’anno poi ne abbiamo sentite di tutti i colori, è stato perfino impedito ad una classe di andare ad una mostra perché c’era esposto un quadro rappresentante un crocifisso e questo poteva urtare la suscettibilità dei ragazzi islamici.
Il rispetto verso questa tipologia di alunni lo si dimostra in ben altro modo, per esempio offrendo corsi integrativi di lingua italiana quando ce n’è bisogno, progetti dedicati o comunque utilizzando tutti gli strumenti didattici che la scuola mette a disposizione.
Chiedo scusa se parlerò di me, ma vorrei fare riferimento alla mia esperienza, ormai quasi trentennale di insegnante di religione cattolica nella scuola secondaria di secondo grado. Da sempre, e tuttora, ho tra i miei alunni anche ragazzi musulmani che, avendo scelto di avvalersene, frequentano la mia ora, con quelli che non la frequentano (ma sono pochi!) ho sempre avuto (e ho) un ottimo rapporto e spesso li coinvolgo in altri progetti di cui sono referente: cineforum, teatro, musica a scuola. Mai e poi mai qualcuno di loro si è sentito offeso dal crocifisso, dai canti natalizi, dalle mie lezioni che ovviamente fanno riferimento alla storia, all’esperienza, alla cultura e alla tradizione cristiana. Così come uno studente politicamente di sinistra non si sente offeso quando il prof di storia parla di Mussolini. Dirò di più: alcuni studenti musulmani hanno chiesto di partecipare alla recente visita pastorale che l’Arcivescovo Riccardo Fontana ha fatto nelle scuole cortonesi.
Come si fa a non capire che il cristianesimo nella scuola ha spazio in quanto parte integrante della nostra identità culturale e quindi anche coloro che, pur di religioni diverse, decidono per vari motivi di studiare in Italia, fanno bene a conoscerne la cultura nella sua integralità, nessuno, e statene certi nemmeno l’insegnante di religione, cercherà di convertire qualcuno. Il filosofo ateo Benedetto Croce disse: “non possiamo non dirci cristiani”, e disse proprio bene perché la nostra civiltà, religiosa o laica, ha nel suo dna il cristianesimo.
Vorrei concludere la mia riflessione citando un fatto avvenuto a Genova molti anni fa quando ancora la polemica sulla questione non era accesa come lo è adesso e quindi la risonanza del fatto non superò lo spazio del capoluogo ligure. In una terza media della città si iscrisse a metà anno un bambino musulmano, la prof pensò bene di togliere dalla parete il crocifisso per non offendere la sua sensibilità religiosa. Ovviamente gli altri bambini, ma soprattutto i loro genitori, protestarono. La cosa arrivò alle orecchie dell’Imam di Genova che scrisse una lettera aperta alla professoressa pubblicandola in un quotidiano (non ricordo quale), riassumendo, diceva: “Cara professoressa lei ha fatto male a togliere dal muro il crocifisso, allo studente musulmano avrebbe fatto meglio a spiegare perché si trovava lì!”.
Anche se è un po’ prestino, Buon Natale a tutti!
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