Un sole di bronzo sullo sfondo, il suo nero riflesso sul palcoscenico, in cui è presente una piccola scalinata. Medea (Pamela Villoresi) è sempre al centro con la sua veste rossa passione, protagonista assoluta, che del sole ha la saggezza, della sua ombra la rabbia tenebrosa del rancore, un rancore nato dal tradimento del suo amato Giasone (David Sebasti), che a lei ha preferito la figlia del re di Corinto Creonte (Renato Campese), intento a donare ai suoi figli – avuti da Medea – un prospero futuro. Un futuro che per i piccoli non ci sarà, perché uccisi dalle mani di Medea, dopo che la donna ha anche ucciso la principessa e il padre Creonte.
Il testo di Euripide mantiene in questa trasposizione teatrale la sua originaria forma, e così, anche il modo recitativo degli attori, sembra richiamare quello classico del teatro greco – dove i personaggi sembrano tutti rinchiusi nel loro universo poetico, quasi impossibilitati nello scambio relazionale tra di loro. È evidente che per questa messa in scena, per ovvi motivi, sono stati attuati molti tagli sul testo del tragico greco (l’adattamento è di Michele Di Martino e Maurizio Panici), rivisitando anche i costumi (dell’artista Michele Ciacciofera), attualizzati e simbolici – Il rosso di Medea per esempio simboleggia proprio la sua forza passionale. Il coro è reso soltanto da una narratrice cantante (Evelina Meghnagi), nel ruolo di Prima Corifea, che ha intonato con raffinatezza canti in lingua greca.
Pamela Villoresi veramente ottima in questo ruolo, che lei stessa ha definito il più faticoso della sua carriera teatrale. Deve passare sempre da alti a bassi e da bassi a alti, per riuscire a rappresentare l’ambiguità di Medea, un vero e proprio dualismo femminile: l’una razionalmente saggia, l’altra resa pazza dalla passione, una passione che le permetterà di realizzare il suo cupo progetto andando anche incontro al suo destino: uccidere i figli per punire il padre. Una donna padrona del suo destino, che, quando Euripide, ai suoi tempi, presentò, non fu accolta con favore per i concetti espressi totalmente diversi dalla società di quel tempo. Oggi per noi è più semplice accettare un personaggio del genere, benché non resti sempre semplice accettare la sua soluzione di vendetta.
Buonissima anche l’interpretazione di David Sebasti, anche lui in un ruolo di un uomo apparentemente sicuro di sé stesso, in realtà molto tormentato interiormente. L’apparizione di Creonte è invece misera, ma non per questo va svalutato il lavoro di Renato Campese, bravo nel ruolo.
Altri personaggi che troviamo in scena sono la nutrice e il messaggero, rispettivamente interpretati da Silvia Budri Da Maren e Andrea Bacci. La nutrice non svolge un ruolo marginale e la troviamo spesso in scena a relazionarsi con Medea e Giasone e si può dire che l’attrice sia stata artefice di un’ottima interpretazione. Andrea Bacci appare solo una volta in scena, per annunciare la morte della principessa e di Creonte e il suo monologo drammatico è molto intenso ed emotivo. In scena anche il regista dello spettacolo Maurizio Panici, nei panni di Egeo, l’unico che Medea sentirà veramente vicino ai suoi tormenti. A proposito di Maurizio Panici, un complimenti alla regia, che fa di questa rappresentazione un bello spettacolo, organicamente funzionante nelle sue parti, impreziosito poi dalle musiche del compositore Luciano Vavolo.
Stefano Duranti Poccetti – articolo tratto da www.corrieredellospettacolo.com