Che cosa possiamo fare? Questa domanda è stata il leit motiv dell’incontro con Lorella Zanardo, svoltosi sabato 19 gennaio, in una Borsa Merci affollata. Un nuovo libro della blogger che ci racconta un viaggio nelle scuole superiori italiane, dove ci sono ragazzi e ragazze che hanno voglia di lottare per cambiare il mondo (capacità tolta a loro dai genitori), “senza chiedere il permesso” (titolo del libro n.d.r.). La televisione è un potente agente di socializzazione, alla stregua della famiglia, sulla quale non possiamo intervenire, e della scuola, che i drastici tagli hanno ridotto a puro luogo di conoscenza.
Ma questo ruolo non è stato mai capito dalla politica, sia perché è sempre più conveniente lasciare le cose così come stanno, sia per ignoranza della nostra classe politica che non è riuscita a capire il reale potere dei mass media. Abbiamo mancato, quindi, una grande opportunità: quella di educare i giovani. Pensiamo agli anni Sessanta, quando la Rai (televisione pubblica), trasmetteva Non è mai troppo tardi, trasmissione che insegnava l’italiano a una generazione di analfabeti. Educava, era quello il suo ruolo. Ed educare non significa censurare; basti vedere la BBC, televisione di stato inglese, che annovera tra le sue mission l’informazione e l’educazione, e non è certo una tv bacchettona. Invece oggi ci troviamo trasmissioni “becere”, dove gli argomenti trattati sono del tipo: “La scomparsa di Corona” e chi più urla ha, sicuramente, ragione.
Le inquadrature sono differenziate tra uomini e donne, i primi con mezzibusti e primi piani, le seconde con una panoramica dai piedi al seno, con un risultato evidente: la fragilizzazione dei contenuti. Talk-show dove le donne sono puri oggetti, piazzati lì senza diritto di parola. Trasmissioni del calibro di “uomini e donne” che ci trasmettono il messaggio che l’importante è apparire. Come siamo arrivati a tutto questo? Le tv private propongono trasmissioni come “Colpo grosso” e “Drive In”, salutate positivamente dagli intellettuali sessantottini; finalmente la tv esce dal torpore e dal moralismo.
Ovviamente, queste hanno grande successo, soprattutto sui giovani, e la Rai non riesce a tenere botta e perde il suo ruolo educativo per trasformarsi in canali “di massa” per incassare gli introiti delle pubblicità. La mia non vuole essere una critica a quel genere di trasmissioni, che hanno realmente segnato un’epoca, ma alla tv pubblica che non ha saputo resistere al fascino del guadagno. Nessuno, però non si è accorto delle conseguenze drammatiche sulla cultura del Paese, tranne Pier Paolo Pasolini, in Comizi d’amore, ma anche lui autore passato nel dimenticatoio.
Ormai, noi siamo spettatori impassibili, anestetizzati da questo genere di comunicazione, che non riusciamo a sentire il bisogno di ribellione. Mi stupisco, positivamente, che vi siano però dei ragazzi e delle ragazze che ci chiedono cosa possono fare per cambiare la tv, per essere liberi di scegliere e non rimanere oggetti di fronte alla scatola dell’idiozia. Rispondiamo loro che scegliendo una trasmissione piuttosto che un’altra possiamo fare la differenza, così come acquistare un prodotto o no, in base alla sua campagna pubblicitaria, e infine usiamo internet per manifestare la nostra rabbia contro qualche pubblicità o trasmissione che ci offende (esempio il mailbombing nel caso ristora); diamo a loro la speranza che in fondo sì, possiamo cambiare il mondo, partendo dalla tv.