Lascia sicuramente impressionati una percentuale di votanti così bassa al Referendum. Bassa in Italia, ancor più bassa in Valdichiana, dove ovunque siamo rimasti abbondantemente sotto al 30%. Di questo 30%, inoltre, un buon 20% ha scelto sì di partecipare al voto, ma votando No. A cosa dobbiamo questa così bassa partecipazione e adesione a un referendum certo marginale, ma che in altre epoche avrebbe sicuramente catturato un interesse maggiore? Il primo pensiero va sicuramente all’apatia generale, al trend negativo (direbbe criticamente Nanni Moretti) che ormai riduce la partecipazione al voto, qualsiasi tipo di voto, su percentuali di poco superiori al 50%, tant’è che la questione del quorum referendario richiederebbe di sicuro un riesame e tanti ‘festini‘ post-scrutinio di presunti vincitori (del genere Sindaci eletti con il 30% del 50%, cioè col 15% del corpo elettorale) iniziano a suonare ridicoli.
Forse potrebbe aver pesato sul disinteresse, che è probabilmente apatia ma non può essere certo archiviato solo in quel modo, anche la scarsa credibilità di certi settori “ambientalisti” buoni a riempirsi la bocca con le “rinnovabili” di fronte alle quali, però, alla prova concreta non si fa altro che dire sempre e comunque No. Una volta con un motivo, una volta con un altro: va bene l’eolico, va bene il solare, va bene qualsiasi cosa, basta che la fate da qualche altra parte. La povertà di certe posizioni comincia davvero a segnare il passo nell’opinione pubblica
Probabile poi che non abbia giovato la riduzione del referendum a un pro – contro Renzi: dividersi in squadre su motivazioni da gioco di bimbi è un altro difetto della politica odierna e anche su questo si iniziano a sentire segnali di forte stanchezza
Indubbiamente, però, nel non creare interesse verso il quesito referendario ha pesato il silenzio di una larghissima parte delle figure politiche di riferimento del territorio. Figure sempre meno politiche e sempre più ridotte a un ruolo neutro di “amministratori” per cui parlare di qualsiasi cosa che vada un centimetro oltre la dimensione del proprio comune e delle proprie beghette organizzative sembra sempre più “non competere”.
Quali i motivi di questo silenzio su cui mi interrogai qualche giorno fa?
Il primo potrebbe essere la scarsa convenienza. Trovarsi in un partito dominato da una figura politica che ha imposto l’astensione, ma far parte di un popolo che per natura e storia ripudia l’astensione stessa, di sicuro ha posto i nostri politici locali in una situazione non semplice. Perciò si è probabilmente ritenuto più conveniente starsene zitti, perchè dire “vado a votare” aggiungendovi magari un “Voto Sì” richiedeva il coraggio di differenziarsi e anche di fare un piccolo dispetto a un asset politico che si ritiene in questo momento dominante e guarda più verso Roma che verso Firenze
L’altro motivo è la mentalità da impiegati del catasto che permea molti dei nostri amministratori, che mentalmente tendono a considerare la “politica”, cioè tutto ciò che non riguarda le mere questioni interne al proprio Comune, il quotidiano tran tran da Sindaci e Assessori, come qualcosa che non compete. In questa mentalità molto ristretta e da gestione meramente “tecnica” prendere posizione o dedicare due righe di uno status a qualcosa che non sia riempire la buca, fare il marciapiede, organizzare l’eventuccio o premiare un qualche benemerito concittadino, “non expedit“, non compete, è qualcosa da evitare. In questa visione, che peraltro è sempre più inconsciamente condivisa e diffusa anche fra le opposizioni, che raggiungono il paradosso di incentivare tale mentalità pur partendo da posizioni teoricamente critiche, il Sindaco deve limitarsi a gestire le questioni del proprio paesello e su tutto il resto, su quella che è la dimensione fondante del suo impegno, il punto di partenza di tutto, cioè la politica, non deve esprimersi
Infine c’è un altro dramma dell’amministratore al giorno d’oggi: quello di dover piacere a tutti, obiettivo ritenuto necessario per poter mantenere il consenso che è il faro generale che tutto illumina. Ciò che non porta consenso diffuso, quindi, è ritenuto sconveniente e sicuramente esprimere una posizione su un tema che divide può portare a perdere qualche voto: meglio continuare a dire cose ovvie e pronunciarsi su grandi ed enormi banalità.
Preparando magari il prossimo grande silenzio, quello di Ottobre, sul Referendum col quale dovremo esprimere un apprezzamento o un rigetto della Riforma della Costituzione