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Evento al limite dell’epocale. Skin, la cantante di uno dei gruppi rock più famosi e bravi del mondo (gli Skunk Anansie) giunge ‘in Chiana’. Dove? Al Mirage, la nota discoteca di Monte San Savino, dove si esibirà per un dj-set il prossimo 22 Aprile. Però….c’è un però. Senza voler affatto sminuire la portata dell’evento, sicuramente interessantissimo e a cui vale la pena di andare… lasciatemi fare un paio di riflessioni.
La prima è che un’esibizione di questo tipo, con una star di prima grandezza che arriva dalle nostre parti ma invece di fare il suo lavoro (la cantante rock) ne fa un altro (affine, ma diverso) è un tantino frustrante. Non si tratta della prima “Ferrari col motore a metano” (e qui cito un ben noto articolo nostro di qualche mese fa) che plana dalle nostre parti: basta pensare ai ‘big’ del Tuscan Sun (Sting che fa teatro, Hopkins che fa i quadri, la Loren che fa quasi niente…), oppure a recenti presenze riscontrate nei locali della zona durante l’inverno o negli anni passati (il batterista dei Franz Ferdinand, J-Ax, Fabri Fibra, Morgan ecc ecc)
Insomma: ridurre artisti di prima grandezza in esibizioni curiose, certamente interessanti e appaganti ma non al 100% rientra pienamente in una logica commerciale e non è quindi giusto biasimare i proprietari di locali, ma profuma di occasione perduta e ha un retrogusto un po’ ‘da tronisti’.
Ripensare a Skin e alla sua ugola rovente sul palco di Arezzo Wave, A.D. 2006, è tutta un’altra cosa. Ma ormai è un’immagine del passato, quando ancora c’era in giro qualcosa di significativo. A gratis (o quasi)
Ripeto: nessun appunto a chi ha un locale e porta certi ospiti. Si tratta di grandi nomi che comunque attraggono pubblico e l’unico modo per averli a costi ragionevoli e senza accollarsi problemi organizzativi e logistici mostruosi è chiamarli a fare esibizioni diverse da quelle consuete.
Agli artisti dediti a queste esibizioni collaterali e a questi side-project un suggerimento: tiratevela un po’ meno e ricordatevi dei vostri colleghi degli anni 60. I vostri tour costano troppo, così come i biglietti degli spettacoli. Allora fate qualcosa per venire incontro al grande pubblico, ma mantenendo il vostro ruolo vero.
Non c’è bisogno di tour monstre, palchi immensi, impianti da miliardi di watt. Non so in Inghilterra o negli Usa, ma in Italia 45 anni fa funzionava molto diversamente da oggi. Celentano, Patty Pravo e tanti notissimi ‘big’ non andavano a fare i dj o le ospitate: facevano concerti. Magari con esibizioni brevi, mezz’ora, in 3 o 4 locali diversi ogni sera. Arrivavano sul posto e trovavano una band già pronta. Prendevano il microfono, salutavano il patron del locale (di solito un grassone incravattato che poi appendeva l’autografo delle star nel suo ufficio) e facevano il loro show, raggiungendo così ogni angolo del nostro paese e accontentando democraticamente un po’ tutti. Anche nella più sperduta Chiana.
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