Fra i più clamorosi anacronismi della disciplina giuridica italiana entra di diritto il “silenzio elettorale”, disciplinato dalla legge 4 aprile 1956, n.212, in particolare all’articolo 9. Secondo gli ultimi aggiornamenti sul fronte delle sanzioni dovrebbe starsene un anno recluso oppure pagare una cifra da 100 a 1000 euro chi si mette a fare campagna elettorale il sabato prima delle elezioni e nei giorni in cui si vota con comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda, oppure con ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali
Il tutto per garantire una “scelta serena” e non condizionata a tutti gli elettori
Anche mezza parola di corredo a quanto scritto sopra è probabilmente superflua, ma la spendo lo stesso per rimarcare la totale inadeguatezza di queste disposizioni rispetto alla realtà odierna. Se il principio può essere ritenuto giusto (ma si tratta di punti di vista) certo è che la legge così come è scritta non impedisce nuove forme di campagna elettorale ben più insistenti e incisive di un manifesto o un volantino dato in una piazza.
Tutti voi avrete infatti assistito nella più totale impotenza al clamoroso sfoggio di campagna elettorale diretta, indiretta e più o meno velata che è circolata e continua tuttora a circolare sui social network, Facebook su tutti. I tupamaros del voto, che sembra parecchio di moda con un grosso ritorno di interesse nel pubblico giovanile (anche se i dati sull’affluenza finora raccolti non sembrano segnare un recupero, ma anzi un calo) sono attivissimi e a tutto campo. E le loro iniziative, per quanto insopportabili e fastidiosissime, sono peraltro del tutto legittime, visto che manca una regolamentazione
C’è invece regolamentazione, e severa, per chi fotografa la propria scheda votata, altro caso che si è verificato (e addirittura la foto è stata pubblicata con grande orgoglio su Facebook)
Servirebbero nuove regole più complete, più adatte ai tempi e in grado di contrastare gli idioti. Vero. Rimane però il senso di impotenza, e appunto di anacronismo, al solo pensiero di tentare una regolamentazione. Facebook per l’ordinamento italiano non esiste e spendere mesi e mesi nel tentativo di inserircelo con nuove leggi potrebbe rivelarsi uno sforzo inutile, perchè chissà se prima o poi inventeranno qualcosa di nuovo e bisognerà riadeguare nuovamente le leggi.
Sarà forse il caso di lasciar perdere?