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SIC Simoncelli e il web 2.0, stavolta promosso a pieni voti

Quella di Simoncelli è stata la prima “morte in diretta” di un personaggio famoso dell’era del web 2.0 (o forse è l’ora di iniziare a dire 3.0? boh…). Anche nello sport e nella velocità è stato un battesimo di fuoco. Non son più i tempi di Gilles Villeneuve, che ci lasciò nell’epoca del Commodore 64, di Mario Poltronieri e dei primi rudimentali replay, non son più i tempi di Ayrton Senna, che se ne andò quel tragico primo Maggio del 1994, appena 17 anni fa, epoca però lontanissima se si pensa che ancora internet ce l’aveva giusto qualche nerd ante-litteram patito di informatica.

E non sono più neanche i tempi di altre tragedie collettive come quella del terremoto in Abruzzo, dalla quale son passati appena 2 anni e mezzo ma che fu vissuta in modo diverso dagli italiani, almeno per i loro comportamenti di massa, nel web e nei social network.

Alla prova del fuoco, di fronte alla morte di un campione-gran bravo ragazzo come il Sic, l’Italia del web 2.0 esce a testa alta. L’impatto è stato fortissimo visto l’amore per un personaggio talmente positivo da non poter essere odiato neanche sforzandosi e il crescente interesse per la Moto GP che ormai ha nettamente soppiantato la Formula Uno.

In particolar modo i giovanissimi l’hanno sentita in modo profondo perchè ad andarsene era stato un loro coetaneo, uno che come loro è cresciuto a impennate e sabati sera nei pub di provincia.

E poi quando scompare una persona famosa è quasi come se scomparisse un amico. In fondo è qualcuno che vedi tutti i giorni o quasi, anche se la vedi attraverso un media. Se ti dicono che è morto non puoi non restarne colpito.

Il fenomeno “virale” dei link che rimpallano da un profilo Facebook all’altro per Simoncelli è stato solo un bel tributo.

Re dell’opinionismo via social-network è stato il nostro Jovanotti, il più solerte a condividere i suoi pensieri col mondo. Già sveglio in quella triste domenica mattina ha piazzato un ritratto in parole di Simoncelli su Twitter con cinque o sei aggettivi, davvero perfetti, che ha fatto subito il giro del mondo.

Poi la frase, del Sic, sui 5 minuti in moto a tutta velocità: un po’ alla James Dean, ma molto bella. Domenica è stata infilita in milioni di status.

Poi le foto di Simoncelli che diventavano foto-profilo. Milioni di amici l’hanno fatto. Poi la foto messa in rete ancora dal nostro Jovanotti col Sic e Valentino Rossi, scattata durante una giornata di motocross. Altro grande “boom” virale, ma la foto era bellissima proprio perchè aumentava la sensazione collettiva di aver perso un amico. Tre facce di tre ragazzi (uno è un ragazzo ormai over 40…) che si divertono un giorno con le moto. Ragazzi semplici, che non se la tirano. E questo, probabilmente, è uno dei motivi per cui Simoncelli è stato tanto amato e per il quale la sua morte è stata vissuta davvero come un lutto nazionale, un dramma collettivo di un’intensità mai vista prima.

Ed ecco il perchè della diretta dei funerali.

Ma come detto il web è uscito a testa alta. Episodi da condannare quasi zero. Status polemici sì, ma all’interno di un tranquillo dibattito. Qualcuno s’è lamentato del troppo clamore, qualcuno ha esagerato col clamore prendendola veramente troppo male, qualcuno s’è permesso di far notare che quando muore qualcuno sul lavoro (450 solo in un anno in Italia) nessuno dice niente.

Vero, verissimo. Ma quei 450, purtroppo, non sono famosi, e così va il mondo.

Chiudiamo sottolineando che Arezzo, nei tributi al Sic, non ha avuto solo Jovanotti, ma anche un grafico, Paolo Sestini, che si è inventato la bellissima foto di Simoncelli in gara sopra le nuvole. Miglior tributo, davvero, non poteva esserci.

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

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