In questi giorni post-Consultellum decine di piangenti vedove nere affollano il capezzale del marito morente. Il moribondo è la Seconda – Terza Repubblica, sorta di mostro trinariciuto che per 24 anni ha bruciato neuroni agli italiani grazie a mitologie del genere “alle elezioni ci deve essere un vincitore” perchè “c’è tanto bisogno di riforme” per far ripartire il paese. Non avendo mai abboccato a tali leggende metropolitane, a mio avviso responsabili massime del decadimento della nostra classe politica e della disaffezione – imbarbarimento dei cittadini, mi godo la scena. E mi diverto, eccome se mi diverto.
Mi scompiscio osservando il convulso dolore delle vedovelle, convincendomi sempre di più che a questo paese più che le non meglio precisate “riforme” e/o i “governi forti” serva semplicemente una classe politica migliore e più rappresentativa.
Come arrivare a tutto questo?
Beh, per prima cosa cancellando le mitologie di cui sopra.
Il fatto che nessuno vinca (secondo le arbitrarie simulazioni viste in questi giorni sulla stampa) non deve far evocare scenari apocalittici stile Repubblica di Weimar, ammesso che il nazismo sia stato un suo prodotto (teoria discutibilissima), ma semmai quelli molto più quieti della nostra Prima Repubblica, dal dopoguerra fino almeno agli anni 70.
A quei tempi non vinceva nessuno. Mai.
Si festeggiava per un 1% in più o in meno, perchè poi si dovevano fare dei governi mettendo insieme più identità (cattolici, laici, moderati, progressisti, mazziniani, social-liberisti…) e se si aveva qualche voto in più si poteva farlo da una posizione più forte. Ma la regola era il dialogo con chi era diverso da noi, la ricerca del compromesso che inevitabilmente smussava gli angoli e portava a scelte di buon senso e tolleranza. Per operare quei compromessi (sulle idee, i valori e la progettualità) si doveva per forza possedere un bagaglio culturale e umano di un certo spessore, conoscere le idee degli altri e rispettarle promuovendo nel contempo le proprie.
La questione era sempre un po’ più complessa. Davvero. E la politica era roba per gente un tantino più intelligente e profonda di quelli che ci sono adesso. Non c’era spazio per i microcefali del noi contro tutti, dell’uomo solo al comando, o dell’ho ragione io e voi sbagliate. Quelli stavano ai margini, e non se li filava nessuno.
Ben venga il proporzionale quindi. Perchè lascia la possibilità a tutti di pensarla come meglio credono e di sentirsi rappresentati da qualcuno nei luoghi del poter. Ben vengano le maggioranze da costruire col lavoro in Parlamento: cambierà il linguaggio, cambierà la prassi e di conseguenza cambieranno i partiti e i politici. In meglio. Quelli che ci sono adesso dovranno far due conti: son cambiate le regole, il gioco è diverso, tocca comportarsi diversamente, tocca sforzarsi di essere un po’ più che dei microbi. Altrimenti siamo fuori.
Purtroppo, però, questo scenario idilliaco che mi gira in testa è solo un’illusione. Alla mia voglia di sognare, come pure alle vedovelle disperate, sfugge un dettaglio: non è vero che siamo tornati al proporzionale puro.
Resta il premio di maggioranza per chi arriva al 40% e tale argomento contribuirà a tenere vive le mitologie di cui sopra. A conferma di questo basta ascoltare Renzi, che già ha cominciato a blaterare rimembrando i bei tempi delle Europee, che non c’entrano nulla ma fanno figo, rilanciando pure il 40% di Sì al Referendum costituzionale.
E allora mi appare lo spettro definitivo… il voto utile. E il sogno finisce.
PS La foto della Boschi è stata inserita solo nella speranza di invogliare qualcuno in più alla lettura, ma può essere giustificata in quanto anche lei è fra le “vedovelle” piangenti di questi giorni.