Un’unica regione composta da Toscana, Umbria e dalla provincia di Viterbo. E’ lo scenario futuribile se andiamo a leggere la proposta di legge che ha come primo firmatario il deputato PD Roberto Marassut e che è stata sottoscritta anche dal suo collega aretino Marco Donati e pare piaccia anche alla dirigenza PD toscana: uno schema di riforma delle Regioni che ne porta il numero da 20 a 12 proponendo una serie di ‘accorpamenti’ e spostamenti. Come commentare quest’idea?
E’ ovvio che visto il disastro fatto recentemente con le Province, trasformate in organi privi di rappresentanza democraticamente eletta (hanno votato, come ricorderete, Sindaci e Consiglieri Comunali) senza avere idea alcuna di come sbrogliare la difficile matassa delle deleghe e del futuro del personale, la prima reazione sia quella scettica.
Potrebbe arrivare una nuova enorme ciofeca, una di quelle riforme all’italiana, fatte tanto per far vedere che si è fatto qualcosa, ma senza capo nè coda, senza una logica, senza una costruzione chiara e senza finalità sensate. Uno di quegli orrori cervellotici capaci di peggiorare una situazione degli enti locali e della struttura dello Stato già abbondantemente in emergenza
Ma eccole, le 12 nuove ‘macroregioni’ teorizzate (che potete vedere anche cliccando sulla foto sopra):
Regione Alpina: comprende Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria.
Regione Lombardia: è uguale all’attuale Lombardia.
Regione Triveneto: comprende il Trentino Alto-Adige, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto.
Regione Emilia Romagna: ingloba nell’attuale Emilia Romagna la provincia di Pesaro e Urbino.
Regione Appenninica: praticamente l’antica Etruria. Toscana e Umbria, più la provincia di Viterbo.
Regione di Roma Capitale: comprende la sola Provincia di Roma.
Regione Adriatica: Abruzzo più gran parte delle Marche e metà Molise e un pezzo di Lazio. Cioè tutte le province abruzzesi più le province di Macerata, Ancona, Ascoli, Rieti e Isernia.
Regione Tirrenica: Campania più sud Lazio, cioè le province di Latina e Frosinone.
Regione del Levante: Puglia più metà Molise e metà Basilicata. Alle cinque province pugliesi si aggiungono quella di Matera e quella di Campobasso.
Regione del Ponente: la Calabria più la provincia di Potenza.
Regione Sicilia: uguale all’attuale.
Regione Sardegna: uguale all’attuale
Lo schema, così visto, ha dei rimandi allo schema pre-unitario e, sempre di primo acchitto, verrebbe da pensare che l’unità d’Italia sia stato un grande errore. Eppure allo scetticismo, necessario per sopravvivere in un paese come il nostro, è il caso di abbinare una riflessione più aperta.
E’ evidente che il sistema attuale non funziona: i casi di malaffare, come pure l’assoluto disinteresse dimostrato recentemente dagli elettori per l’ultima tornata in Emilia Romagna e Calabria (ha votato il 30% degli aventi diritto), confermano che le Regioni così come sono hanno dei limiti. Aprire prospettive diverse, su scala più ampia, potrebbe aiutare gli enti regionali ad avere margini larghi e capacità di programmazione maggiori e più ambiziose. In Francia, dicono, la riforma delle Regioni ha prodotto risultati interessanti
E’ però chiaro che gli accorpamenti, come visto più volte, non fanno altro che allontanare il potere dai cittadini, spersonalizzandolo e isolandolo in una sorta di fortino inaccessibile. A fronte, poi, non c’è nessun risparmio e s’è visto con le partecipate, quando da 3 o 4 s’è provato a farne una, ma poi son rimaste tutte in qualche modo in vita e al cittadino non è cambiato niente. E poi ci sarebbe l’assurdo di essere chiamati a votare nel prossimo Marzo per eleggere il Presidente e il Consiglio Regionale della Toscana e magari, dopo poco, ritrovarsi a fare tutto da capo
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