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Notiamo con piacere che sulla stampa locale fioccano pesci d’aprile e gag di particolare qualità, celebrando il primo giorno di questo fatidico mese. Noi il pesce non ce l’abbiamo, anche se una notizia da noi riportata ieri tanto somiglia ad un vero e proprio pesce d’aprile, già dal titolo: “Jovanotti sposta la data di Perugia: coincideva con il venerdì Santo”. E invece è tutto vero.
Il buon Lorenzo, su probabile pressione di qualche settore cattolico indignato (si era letto recentemente qualcosa in qualche profilo Facebook di qualche ecclesiastico locale particolarmente al passo coi tempi e le tecnologie), ha deciso di rispettare la sensibilità dei cristiani e di non fare “E’ qui la festa” e “1,2,3 casino” in coincidenza con il venerdì e sabato santo.
La decisione ha provocato dibattito, con posizioni polarizzate: chi si indigna e scomoda concetti complessi (laicismo, sensibilità religiosa, integralismo, peso della Chiesa sulla vita sociale, economica, politica, culturale italiana ecc) buttandola come sempre in politica, chi osanna Lorenzo come la pecorella smarrita tornata all’ovile, uomo sensibile e rispettoso della cristianità e dei suoi valori che ha saputo anteporre alle necessità economiche e di mercato le sue profonde regole morali.
La realtà, probabilmente, sta nel mezzo.
Di sicuro non c’è il dolo, ossia è probabile che il cantante avesse fissato le date così tanto tempo fa da non poter sapere o comunque non poter immaginare che coincidessero con la Pasqua. A quel punto, una volta scoperta la cosa e sentite le più o meno velate proteste, è probabile che abbia creduto opportuno assecondarle, nonostante i concerti fossero già sold-out, conscio che lo spostamento avrebbe creato comunque qualche malumore.
Era libero di farlo, ha deciso di farlo perchè probabilmente lo ha ritenuto la scelta migliore, con tanto di restituzione dei soldi a chi non potrà andarselo a vedere nelle nuove date fissate.
Penso ci sia poco da aggiungere, se non due piccole cose.
La prima è che si spera che scelte di questo tipo restino possibili, ma non obbligatorie. Insomma: che il non fare feste e concerti in date religiosamente rilevanti non divenga una regola imprescindibile. Non esistono solo i cattolici e gli altri, quelli per cui il venerdì santo è una sera come un’altra, hanno il loro buon diritto di fare quel che vogliono e divertirsi se lo ritengono opportuno, ovviamente senza dare fastidio ai cattolici e senza invadere la loro sfera.
La seconda è il dubbio che solleva il fatto che i concerti fossero sold-out. Ciò può essere segnale di più cose. O ci sono sempre meno cattolici (ma dalle statistiche pare di No), o i biglietti se li erano presi tutti non credenti o praticanti di altre religioni (altra ipotesi remota), oppure (ipotesi probabile) a tanti cattolici la coincidenza con le festività Pasquali non aveva comunque dato nessun fastidio nè urtato particolarmente la sensibilità.
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