Contrariamente a quanto sembrava in un primo tempo la Provincia di Arezzo resta in bilico, e per volontà ministeriale a decidere sulla possibile fusione con Siena e Grosseto, così come del futuro di tutte le altre province toscane, sarà la Regione, che ha istituito un’apposita commissione con rappresentanti di tutti i territori. Quello che deprime in queste ore (da qui il titolo dell’articolo) è la stragrande maggioranza degli interventi che si leggono su questo tema, fra politici, opinionisti e opinionisti della domenica. Il problema sembra infatti essere uno solo: che Arezzo rischia di finire sotto Siena.
La città del Palio, almeno secondo quanto ventilato da Enrico Rossi, che poi ha un po’ smorzato, dovrebbe infatti essere il capoluogo del nuovo “provincione”. Ci sarà occasione di chiedere conferma di tutto questo e di capire meglio le volontà del nostro governatore nei prossimi giorni, quando sarà ospite alla festa del PD a Camucia.
Ma a parte questo, perchè il dibattito lo valuto come qualcosa di deprimente?
Per il semplice fatto che si faccia una discussione invelenita solo ed esclusivamente sul fatto che Siena possa fare il capoluogo, dimenticando tutto il resto. Dimenticando di chiedersi se riunire 3 province abbia senso, se porti davvero un risparmio allo Stato, se la nuova organizzazione in macro-province possa significare un miglioramento dei servizi al cittadino, se con la riorganizzazione si vada a stare meglio o a stare peggio.
Tutto questo, incredibilmente, sembra non importare quasi a nessuno. Quello che conta è chi farà il capoluogo, chi starà idealmente sopra gli altri, quali lettere finiranno sulle targhe. E se il capoluogo lo farà Siena significherà che Arezzo “non conta nulla”. E alllora Arezzo deve reagire “facendo la voce grossa”, spalancando portoni nelle stanze fiorentine del potere, battendo pugni sul tavolo lì dove si comanda davvero.
Per carità: il dubbio che Arezzo conti davvero poco c’è venuto, e a conferma di ciò vi sono molti episodi avvenuti in questi ultimi anni. Discutere solo di questo, però, denota un approccio microscopico e “muscolare” alla politica e alle istituzioni, un concetto “fisico” dell’amministrare che si mescola col campanilismo e la convenienza politica del momento, e fa perdere di vista le cose concrete, le ricadute reali delle scelte politiche che poi sono le uniche che contano davvero, perchè sono quelle che producono risultati veri sulle nostre vite.
Pochi quelli che hanno detto l’unica cosa che andava detta, cioè che riunire 3 province insieme può essere un grandissimo errore, perchè si rischia di risparmiare pochissimo e di ritrovarsi con tutto che funziona peggio di adesso. Ma tocca fare i conti con quello che ci s’ha. E bentornato medioevo