Come era prevedibile il concetto delle case popolari ‘prima ai residenti‘, estensione e riaggiornamento del già sentito ‘prima agli italiani‘, si è espanso anche ad Arezzo. Sul tema scrissi già lo scorso Aprile (questo l’articolo) quando era stata Perugia a rivedere il regolamento di assegnazione degli alloggi di edilizia popolare, cercando di mettere in luce quanto (secondo me) all’annuncio molto efficace da punto di vista comunicativo non seguisse la sostanza e addirittura si rischiasse di peggiorare la situazione
Ad esempio scrissi che si finiva per penalizzare chi, italianissimo e pure umbrissimo, arrivava da un comune limitrofo (es: Corciano), oppure chi era nato in città, ma poi si era dovuto spostare per motivi di lavoro e avrebbe voluto farvi rientro ecc ecc
Il concetto di “residente”, quindi, non è a mio avviso sufficiente a garantire equità
In più, dati alla mano, sottolineai come non vi fosse reale corrispondenza a quello che è un sentire comune, cioè che gli alloggi popolari vengano assegnati sempre e soli “agli immigrati“ e che siano occupati quasi esclusivamente da essi. In Umbria, ad esempio, circa l’80% degli alloggi è abitato da italiani
Un discorso simile è applicabile anche ai cosiddetti “sussidi”, cioè aiuti di vario genere che vengono distribuiti a chi è in difficoltà: anche qui basta compiere una breve indagine negli Uffici dei Servizi Sociali dei nostri comuni per rendersi conto di quella che è la realtà, ben distante dalla percezione
Restando convinto del fatto che il principio da imporre sia il molto meno popolare prima a chi ne ha veramente bisogno e che le amministrazioni locali dovrebbero lavorare per far ripartire l’edilizia popolare o quantomeno trovare nuovi strumenti per aumentare il numero di alloggi disponibili e assegnabili (perchè essi sono scarsissimi e proprio per questo motivo le graduatorie risultano sostanzialmente inutili), indico 4 punti realizzabili subito, con neanche troppo sforzo, che produrrebbero a mio avviso risultati ben più significativi. Li sottopongo all’esame dei nostri amministratori:
1) aumentare i controlli e le verifiche ‘a monte’. Proprio perchè non sempre le graduatorie rappresentano la realtà dei fatti è opportuno un giro di vite, con controlli incrociati, per colpire tutti i furbetti. Chi dichiara un Isee zero, ad esempio, sia tenuto a dimostrare come ha fatto a vivere fino ad oggi senza un euro, portando una dichiarazione di chi si è occupato del suo mantenimento. Se costui non esiste è alquanto difficile credere che quel “reddito zero” sia vero e che non esistano invece fonti di guadagno sommerso non dichiarate.
2) aumentare i controlli anche ‘a valle’. Verificare cioè che gli assegnatari di una casa non abbiano subaffittato, cioè non siano andati ad abitare altrove lasciando l’abitazione a qualcun altro (magari facendosi pagare un affitto), oppure che nelle loro propaggini familiari non esista qualcuno che ha acquistato una casa (dimostrazione del fatto che i soldi per farsela da qualche parte ci sono)
3) incentivare lo strumento del co-housing. Esiste in Scandinavia e si rivolge a chi si ritrova a occupare da solo un alloggio popolare. Occorre favorire gli “accorpamenti” che ad esempio, in caso di anziani rimasti soli perchè i figli se ne sono andati e/o per la morte del coniuge, potrebbero pure risultare socialmente utili in quanto ritrovarsi ad abitare insieme a qualcuno potrebbe essere un fattore positivo
4) aumentare le collaborazioni fra pubblico e privato. Un fondo di garanzia intercomunale per gli sfrattati già esiste, ma va incentivato. Aumentando la possibilità per chi ha una casa sfitta di metterla a disposizione per gli enti pubblici si potrebbe intervenire in casi di emergenza (es: famiglie sfrattate con bambini) pagando al proprietario almeno una parte dell’affitto
Chiudo con una domanda volutamente provocatoria, che riguarda un frangente attiguo: siamo sicuri che permettere all’assegnatario di riscattare la casa (cioè comprarla) pagando cifre molto basse rispetto ai prezzi di mercato sia giusto? Non si rischia piuttosto di impoverire il già scarso patrimonio pubblico e di fare un favore eccessivo a chi, evidentemente, un po’ di soldi è riuscito ad accumularli?