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Paul McCartney, meglio anche dei fuochi di Cesa

Se davvero Paul McCartney è morto nel 1966 ed è stato sostituito da un sosia va riconosciuto ai suoi colleghi Beatles il merito di aver scelto bene: hanno trovato un tizio che oltre a essere uguale (a parte la mascella e i due o tre centimetri in altezza come segnala Giacobbo a Voyager) suona tutti gli strumenti meglio del primo Paul, scrive canzoni ancora più belle e da 45 anni è sulla breccia della musica mondiale, sempre avanti anni luce e sempre in grado di inventarsi qualcosa di sorprendente facendo tendenza.

Ieri sera durante il live a Bologna, prima tappa del nuovo tour europeo intitolato “On the run” m’è venuto però da pensare che più che di un sosia possa trattarsi di un robot, visto che a 70 anni con una sconvolgente nonchalance riesce a stare 3 ore sul palco suonando a tutta manetta e pare davvero sincero quando alla fine, dopo 3 rientri, tonnellate di watt, camionate di applausi e una trentina (o più???) di canzoni eseguite, fa la faccia dispiaciuta e dice “ci dispiace ma dobbiamo andare“.

Però suda, quindi non può essere un robot…

Ormai da circa 20 anni tutta la critica riconosce a Sir Paul il ruolo che gli compete: un tizio che ha stravolto la storia della musica popolare, che ha anticipato tutto e tutti e per il suo secolo (il 20esimo) ha avuto la stessa valenza che geni come Beethoven o Bach avevano avuto nella loro epoca di competenza. Niente male per uno che dopo la gloria coi Beatles si era dovuto sorbire una quindicina di anni di offese continue e gratuite su tutti i giornali, con la critica che gli rinfacciava canzoni melense e commercialotte e il fatto di avere la moglie bruttina e stonata.

La rivincita è arrivata coi fatti e l’ha decisa il pubblico: sopita l’era del politico per forza (e lui era politico e rivoluzionario almeno quanto John Lennon, ma molto più a modo suo) i criticoni si sono dovuti arrendere al fatto che la gente (dai 6 ai 75 anni) nei concerti canta sì le canzoni del repertorio dei Beatles, ma anche quelle del periodo-Wings e delle mille successive reincarnazioni musicali del grande Paul. Il motivo c’è: in ogni era, anche se con frequenza più saltuaria, Paul ha proposto sempre roba moderna e interessante. Ad esempio quella 1985 suonata ieri sera, pezzo scritto nel 1973 con uno stile e una gamma di suoni tranquillamente da 2011.

Il bello di Paul è proprio questo: pur avendo 70 anni non sa affatto di vecchio, non fa roba vecchia, non rincorre mai gli altri, ma li anticipa. Non mette tristezza, non suscita nostalgia, ma ti apre sempre nuovi scenari. A parte le rughe (spiattellate senza alcuna vergogna sui maxi-schermi a lato palco) e lo stivaletto retrò (bilanciato da una stilosa giacca nera con risvolto rosa-magenta) è un uomo perfettamente dentro al suo tempo che guarda al futuro e continua a voler creare. Tanto da scegliere, per l’apertura del concerto, un dj che remixa in chiave techno i suoi pezzi.

Ok, ho finito i complimenti. Ma poi a che servono i complimenti? I complimenti si fanno agli esseri umani. Qui stiamo parlando di Paul McCartney

Michele Lupetti

Colui che nel lontano 2006 ideò tutto questo. Fondatore e proprietario di ValdichianaOggi, dopo gli inizi col blog "Il Pollo della Valdichiana". Oltre a dispensare opinioni sulle cose locali è Beatlesiano da sempre (corrente-Paul Mc Cartney), coltiva strane passioni cinematografiche e musicali mescolando Hitchcock con La Corazzata Potemkin, Nadav Guedj con i Kraftwerk. I suoi veri eroi, però, sono Franco Gasparri, Tomas Milian, Maurizio Merli, Umberto Lenzi... volti di un'epoca in cui sarebbe stato decisamente più di moda: gli anni '70

View Comments

  • Quando si parla di Paul McCartney certi aggettivi retorici come geniale, mitico, leggendario, suonano incredibilmente naturali.
    Leggendario, si diceva: quando si va a vedere un concerto di sir Paul, si assiste alla performance di una leggenda vivente. E forse proprio vivente è il miglior attributo che si possa dare a McCartney. Infatti la sua storia è un continuo inno alla vitalità. Ieri ci ha inondato di contagiosa e tenace passione frutto di una energia, appunto vitale…
    Gentile, disponibile, si concede a chi lo ha fatto diventare un re senza corona: il suo pubblico. Niente pose da rock-star, tanta simpatia e molta autoironia, una delle manifestazioni dell’intelligenza…
    E allora lunga vita al re della nostra musica: All You need is Paul!
    P.S. Fra poche settimane entriamo nel 2012: Michele, a primavera ti voglio al mio fianco per il 45° anniversario di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Come a marzo 2011 quando abbiamo celebrato Revolver… Festeggiamo un miracolo musicale che, a distanza di mezzo secolo, è ancora fresco e attuale: The Beatles!

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Michele Lupetti

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