Il prossimo 12 Ottobre si svolgerà l’elezione dei nuovi organi politici provinciali. Le province dovevano scomparire, ma sono invece rimaste, anche se il metodo elettivo è divenuto indiretto: non votano più tutti i cittadini, ma solo una ristretta cerchia di “eletti”, con il loro voto che sarà “ponderato” in base alla dimensione di popolazione dei comuni stessi. A votare (con un seggio unico o più seggi dislocati anche nelle vallate) saranno quindi in 502, tutti i Sindaci e tutti i Consiglieri Comunali attualmente in carica: essi sceglieranno, votando due schede, il nuovo Presidente e i 12 componenti del nuovo Consiglio che dureranno in carica per i 4 anni successivi
Il Presidente dovrà essere eletto fra i Sindaci (esclusi quelli col mandato in scadenza fra meno di 18 mesi), oppure fra i consiglieri provinciali uscenti. Oppure si potrà confermare il Presidente attualmente in carica, Roberto Vasai.
Nel consiglio, invece, potranno figurare Sindaci, consiglieri comunali e consiglieri provinciali uscenti. Si dovranno presentare liste con un numero di candidati compreso fra 6 e 12 che dovranno essere sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto, cioè 26 consiglieri
Come detto su questo strano “accrocco” utilizzato per eleggere organi dei quali non si conoscono ancora esattamente compiti e poteri (potrebbero non contare quasi nulla come invece contare quasi quanto prima, visto che sui trasferimenti di deleghe non vi sono ancora notizie) peserà la “ponderazione” in base alla popolazione dei vari Comuni: ad esempio il voto di ogni consigliere comunale di Arezzo avrà un “peso” pari a 893,206 a fronte di un 257,353 della “fascia 2” in cui figurano Cortona, Castiglion Fiorentino, San Giovanni, Montevarchi, Sansepolcro, Terranuova, Bibbiena e Bucine, il 176,474 della “fascia 3” in cui si trovano Foiano, Civitella, Monte San Savino e il 77,875 della fascia 4 in cui abbiamo Lucignano e Marciano.
In parole povere il voto di un marcianese conterà quasi 1/12 di quello di un aretino ed è palese che il sistema elettivo potrebbe garantire ai comuni grandi la possibilità di monopolizzare i nuovi organi, salvo diversi “pre-accordi” che permettano di ottenere una rappresentatività diversa
Il problema è quindi prima di tutto politico: ovviare con scelte strategiche a un sistema elettorale estremamente iniquo.
Fatta salva la probabile ri-elezione di Roberto Vasai presidente, ipotesi per ora molto gettonata, c’è da cercare una quadra nei 12 consiglieri eletti, così da garantire una certa rappresentanza a tutti i territori e a tutte le forze politiche presenti.
Dando per scontata l’assenza di “franchi-tiratori” da un esame della situazione nei 39 comuni su 502 consiglieri comunali totali oltre 300 sono ricollegabili al centrosinistra, circa 130 al centrodestra, solo una decina alla sinistra e 15 al MoVimento 5 stelle. Oltre a questi vi sono circa 40 consiglieri componenti di “liste civiche” la cui collocazione politica è da chiarire.
Il centrosinistra da solo arriverebbe quindi a circa il 60% dei voti, monopolizzando il nuovo consiglio: opportuno sarà quindi che al suo interno si creino delle liste che perlomeno permettano l’elezione di rappresentanti delle varie vallate.
Dall’altra parte le opposizioni sono però chiamate a uno sforzo di unità: in particolare tutto ciò che è alternativo al bipartitismo dovrà operare una scelta per non restare totalmente fuori. L’unica via logica è quella di cercare un accordo per riuscire prima di tutto a presentare una propria lista (come detto servono 26 firme, più almeno 6 persone da candidare) sperando poi di eleggere almeno un consigliere per garantire la presenza di almeno una voce alternativa al centrosinistra e al centrodestra
Tutto questo tenendo comunque presente quello che ho scritto all’inizio, cioè che non è dato sapere a cosa potranno servire i nuovi organi provinciali e quale potere reale rivestiranno. L’ennesimo mistero italiano