Il tema delle nomine delle varie società partecipate e degli enti che si occupano della gestione dei servizi pubblici è ormai da lunghissimo tempo oggetto di discussione. Molto spesso, come in ogni discussione che si rispetti, trionfa la retorica, e trionfa un po’ da entrambe le parti. Sia da parte di chi contesta le nomine, sia da parte di chi le difende. Ma siccome la questione è sotto i riflettori dell’opinione pubblica ed esisitono siti e giornali che non hanno remore a sparare a zero adesso a trionfare è anche la paura e alcuni nodi cruciali (uno a caso: Nuove Acque) non vengono sciolti ma rimandati a Settembre, con tutte le conseguenze del caso.
L’impressione diffusa, forse retorica anch’essa, è che i nomi siano sempre gli stessi. Intercambiambili.
Da una parte c’è chi, nominando volti noti, si appiglia al fatto che non servano necessariamente nomine “tecniche” e che anzi i ruoli abbiano bisogno di una visione e preparazione politica significativa e di esperienza magari generica e non specifica, anch’essa genericamente “politica”. In più chi sceglie (i Sindaci, di concerto col loro partito di riferimento, il PD) ha diritto di dare seguito alla volontà popolare scaturita dalla propria elezione con nomine che ne risultino il prolungamento effettivo. Il discorso da quel punto di vista quadra, anche se delude il fatto che molto raramente si riesca ad andare oltre il recinto del partito, non utilizzando le nomine stesse come semplici elementi di riequilibrio complessivo fra diverse forze, entità ed esigenze, ponendo in secondo piano altri elementi.
Dall’altra parte ci sono le forze politiche, specie all’estrema sinistra, che con grande nonchalance sono recentemente tornate a parlare di “poltronifici”, “riciclati” individuando un “sistema di potere” ben preciso da cui si vogliono smarcare. E’ evidente che questa nuova posizione è il risultato dell’avanzata di Grillo, ormai consacrato come unica alternativa reale al sistema politico esistito finora, che sta togliendo proprio all’estrema sinistra (o ai “cespugli”, termine in voga ultimamente ad Arezzo) il terreno e probabilmente gran parte dell’elettorato. SEL, Federazione della Sinistra e Italia dei Valori devono recuperare e non possono farlo se non cercando di porsi nuovamente come alternativa al “sistema”, anche se poi di questo sistema molto spesso continuano a farne parte, visto che figurano ancora in tante giunte e certo non possono definirsi estranei a quel che accade. Al massimo possono dire di starci dentro, ma di non avere voce in capitolo sulle questioni più importanti anche per motivi prettamente numerici, viste le loro scarse percentuali di voti.
Ma se loro potessero scegliere, chi nominerebbero? Il dubbio che i “loro” nomi sarebbero comunque dei “soliti noti”, seppur un po’ più alternativi e un po’ più di sinistra o “movimentisti”, è lecito.
In definitiva a trionfare, oltre alla retorica e (adesso) alla paura, è quindi anche la mancanza di fantasia. Sia di chi sceglie, sia di chi vorrebbe scegliere. A vincere, quindi, è anche l’incapacità di individuare qualcosa di nuovo che sappia funzionare. Perchè probabilmente quel “qualcosa di nuovo che sappia funzionare” in quest’epoca non si occupa di politica e non ha interesse ad avvicinarsi ad essa, anche in ruoli non prettamente politici come questi