A tutti i commentatori politici locali è sfuggito un elemento interessante, un percorso che fedelmente alla legge va avanti nonostante il Referendum Costituzionale e, sul piano mediatico, all’ombra del referendum stesso: le cariche della Provincia sono in scadenza e il 18 Dicembre si vota per rinnovarle. Anzi, dire “si vota” è sbagliato: non votano i cittadini, ma votano tutti i consiglieri comunali dei Comuni del territorio provinciale, con il meccanismo dell’elezione di secondo livello. La loro scelta viene poi conteggiata col complesso metodo del ‘voto ponderato’ già visto due anni fa, nel 2014 e così si elegge il nuovo Presidente e i consiglieri provinciali che di fatto svolgono un ruolo di ‘assessori’, ovviamente per quel poco che è rimasto da gestire alla provincia.
Nel 2014 fu rieletto Roberto Vasai, ma a quel tempo la stragrande maggioranza dei comuni aretini erano governati dal centrosinistra, con uno scenario notevolmente differente rispetto ad adesso. In questi due anni, infatti, il PD e i suoi succedanei hanno perduto il comune capoluogo, che col meccanismo del voto ponderato influisce moltissimo (il voto di un consigliere comunale ha un peso notevolmente maggiore rispetto al voto di un suo collega di un comune più piccolo), oltre che altre realtà fra le quali Montevarchi e Sansepolcro.
Il risultato è quindi assai incerto e per ora non si conoscono nè le liste, nè i candidati che faranno parte della contesa, ma già sono partite le alchimie matematiche per capire come ci si possa organizzare per ottenere la vittoria. La contesa, in sè, è teoricamente inutile: un’eventuale vittoria del Sì il 4 Dicembre rimuoverebbe dal testo costituzionale ogni riferimento agli enti provinciali e ciò renderebbe sostanzialmente dovuto il passaggio della definitiva abolizione di tali enti. Tutto ciò, però, non è detto che avvenga e per questo il 18 si vota, casomai l’ente sopravvivesse.
In verità c’è poco da dire: una vittoria del centrodestra, anche se ‘di Pirro’, sarebbe una nuova riprova del profondo cambio di equilibri politici aretini e indubbiamente farebbe notizia, rafforzando l’unità di questa entità politica; per il centrosinistra, al contrario, si potrebbe trattare di un’occasione di rivincita o più che altro per ritrovare l’unità. Ma a parte questo frangente buono per gli addetti ai lavori l’ente, ormai depradato della quasi totalità delle funzioni e di gran parte del suo personale, è un terreno dimenticato a cui la cervellotica riforma Del Rio ha tolto il pregio di essere emenazione diretta dei cittadini