Allora, visto che il weekend di super-eventi volge al termine proviamo a stilare un bilancio e a fissare alcune certezze, in vista del gran finale di stasera (tutti da Gazzè, ovviamente, questo è il consiglio della redazione).
Prima certezza: Umbria Jazz rimane la manifestazione più importante. Quella con più pubblico e quella con maggiore attrattiva, nonostante i biglietti per i main event siano molto salati. Ma ci sono molti eventi gratuiti e Perugia continua ad animarsi per tutto ciò che è “attiguo” al festival stesso. Venerdì sera grazie all’ausilio di un’ottima auto a gpl ho peregrinato un po’ ovunque per vedere tutto e sono arrivato anche lì. Sul palco in fondo a Corso Vannucci c’era Dj Ralf, come l’anno scorso: il fiume di gente era un po’ meno numeroso, ma erano veramente in tanti.
Interessati alla musica forse il 10% del totale, o anche meno, ma poco importa: là c’era la Serata con la S maiuscola, la serata per un certo tipo di pubblico la cui entità numerica persiste negli anni. Poi vabè, non chiedetemi cosa c’entri Ralf, che io mal sopporto, col Jazz. Su questo non ho certezze.
La cosa mi ha fatto ripensare che Umbria Jazz ce l’abbiamo avuto anche a Cortona, con artisti molto importanti che hanno suonato in Piazza Signorelli e grande partecipazione. Erano gli anni ’90. Poi furono scelte altre strade. Adesso abbiamo il Mix. E’ una peculiarità nostra, dura più giorni, ma costa anche di più. Meglio allora o adesso?
…Fine del piccolo siparietto nostalgico
E poi: Arezzo Wave passato in Chiana ha subito come previsto un forte ridimensionamento. Il Valenti però non s’è scomposto tanto, continua a parlare da leader e vuole avviare la ricostruzione post-bellica, sembra un po’ Eisenhower a Berlino Ovest e un po’ Gianni Minà, ma nell’imitazione di Fiorello: “eravamo io, Fidel, Compay Segundo, Cassius Clay, Teofilo Stevenson e la nipote di Mario e Pippo Santonastaso a Cuba nei favolosi anni ’60…“. Insomma: un po’ nostalgico, ma ancora combattivo. Vedremo cosa riserverà il futuro: per adesso ci lascia un festival di dimensioni medie, comunque organizzato dignitosamente, e con alcuni momenti davvero interessanti.
Secondo me, alla fine, anzi “tutto sommato” (frase in voga adesso) meglio quest’anno che l’anno scorso, edizione nella quale si voleva fare chissà cosa e venne fuori molto poco. Si poteva però evitare il diabolico braccialetto-pass, che te lo metti e non te lo puoi togliere, residuo dei tempi d’oro. Appello per la prossima edizione: evitate ai giornalisti quest’insostenibile fastidio. Ps: Fabbriciani (con le sue riletture dei Beatles) è un genio, e gloria a chi lo fece suonare a Cortona nei favolosi anni ’80.
…fiine del secondo siparietto nostalgico
Fabrizio Barca è molto meno vecchio di come si tende a presentarlo. Anche qui si tratta di semplificazioni: non l’avevo mai sentito per bene, dandogli tempo e attenzione nei vari momenti televisivi e ieri ne ho finalmente avuto occasione. Dice cose più moderne di tanti altri e alcune ricette per risolvere i problemi del paese sono interessanti. Mi ha incuriosito. Certo, è preda anche lui di due sport nazionali banali come il tiro al piccione sul PD, che ormai è come il Festival di Sanremo (anche se a Barca l’ironia pungente non manca e c’ha fatto sorridere spesso) e il verginellismo (chi era ministro nel governo Monti? Io?), però non mi è dispiaciuto. E comunque non si candida a Segretario del PD, l’ha detto, quindi tutti i 50enni arzilli presenti ieri dovranno votare qualcun altro
…e qui, a sorpresa, non c’è nessun siparietto nostalgico
E ancora: i Pooh, per quanto se ne possa dir male (sono il primo dei detrattori del melodico all’italiana), sono dei bravissimi musicisti e il loro live con l’orchestra all’Outlet era strumentalmente mastodontico. Chi fermerà la musica coi violini sparati a mille m’ha esaltato. Certo, tutto quello spiegamento di forze per poi cantare Non restare chiuso qui, pensiero o Piccola Katy suonava un po’ kistch, quasi come la batteria con la doppia cassa di Stefano D’Orazio, il loro ormai ex batterista che peraltro venerdì sera non c’era. C’era un altro, uno bravo tanto, ma con una cassa sola. E poi io da ex alfiere della Stratocaster compatisco sempre Dodi, uno dei migliori chitarristi italiani, che poveretto deve restare imbrigliato in quelle melodie del bel canto italiano, anche se non s’è mai lamentato. Ma tolta la doppia cassa montata e mai usata, la Dodicaster e la sconcertante banalità melodica i Pooh restano dei grandi professionisti. E tocca pure rispettarli, perchè vi ci voglio vedere a voi a quasi 70 anni a stare sul palco con quella classe.
…breve pausa per vedersi LE FOTO DEI POOH (del nostro sempre impeccabile Andrea Migliorati)
Anche Tozzi, riportato in auge dal misterioso recupero della sua hit minore Stella Stai in chiave discoteca avvenuto quest’anno da parte di secondari dj di paese, è un grande professionista. Aldilà delle 70milioni di copie vendute vale il discorso dei Pooh: può non piacere, ma comunque il rispetto tocca darglielo. Anche lui è veramente un signore. Però cavolo, Stella stai poteva pure suonarcela. Lo stesso rispetto non credo meritino le coreografie delle Lollipop, 3 tizie che facevano parte di un gruppo di 5 tizie vincitrici di una specie di selezione-reality per diventare le Spice Girls italiane poi fecero un singolo e scomparvero salvo poi rimettersi insieme quest’anno. M’è piaciuto solo il gesto del mitra, degno delle migliori Heather Parisi e Cuccarini: l’ho imparato e lo riproporrò nelle mie danze estive
…nuova interruzione per gustarsi l’album del CONCERTONE di ieri sera (sempre del nostro eccelso Migliorati)
Ho detto tutto? Ah no, mi sono perso Mietta alla festa a Ruscello. Non potevo sdoppiarmi. Peccato 🙂
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