Primo Maggio: siamo già pronti ad ascoltarci la grande retorica dell’Italia Repubblica fondata sul lavoro. Oggi (e basta) i Tg piazzeranno litanie sulla disoccupazione, sui licenziamenti, sui cassintegrati, sul precariato, sulle dimissioni in bianco, sull’articolo 18, sulle morti bianche… che imploderanno su loro stesse allo scoccare della mezzanotte e un minuto del 2 Maggio senza che nulla sia cambiato. Io ascolto e provo ad aggiungere un tris di concetti che ritengo non retorici, e che mi auguro qualcuno voglia sollevare in questa giornata.
Il primo è che in questo momento sarebbe positivo avere una repubblica fondata sul lavoro pagato decentemente, un traguardo ormai chimera, salvo che per le categorie protette-privilegiate che possono permettersi di dettare il loro costo.
Il secondo è che vorrei anche una repubblica fondata sul merito, concetto che sparisce invece maciullato da frustranti montagne di lavoro non pagato o pagato male, insopportabili “tappi”, avanzamenti di carriera insensati, “successi” e incarichi totalmente slegati da competenze e capacità reali. Invece ci vorrebbe una repubblica che isoli chi non vale nulla, e premi chi vale
La terza è che vorrei una repubblica fondata sulla voglia di lavorare. Anche qui sarebbe l’ora di dire che chi ha voglia di lavorare merita un lavoro, e chi non ha voglia non lo merita, e farebbe bene a lasciare spazio agli altri tornando a casa a girarsi i pollici.
Io credo che il lavoro dovrebbe assolvere due funzioni: a) realizzare una persona nelle sue aspirazioni rendendola felice b) permetterle di vivere dignitosamente senza peraltro dover diventare totale schiava del lavoro stesso.
Di tutto questo, ormai, ci siamo dimenticati. E la crisi non è certo una scusa buona.