Mentre siamo tutti impegnati a farci selfies più o meno significativi in questo o quel posto postandoli nei social in cerca di mi piace è arrivata la vera bomba d’Agosto, quella che passa in parlamento senza che ce ne rendiamo conto eppure ha un significato enorme: la decisione di inviare armi ai pashmerga curdi presa dal nostro parlamento. Con 27 favorevoli e 4 contrari al Senato e 56 sì e 12 no alla Camera (si noti l’altissima proporzione degli assenti…) l’Italia ha deciso di rivedere l’interpretazione dei propri dettami costituzionali (il famoso art.11 “l’Italia ripudia la guerra“) e le proprie consuetudini in politica estera: invierà armi con l’obiettivo di aiutare chi di fatto detiene il potere nel nord dell’Iraq per proteggere la vita di civili cristiani, yazidi e musulmani. “Un dovere politico e morale“, secondo il ministro degli esteri Federica Mogherini
Quello che più mi colpisce non è la svolta in politica estera cui ho appena accennato, che pure è importantissima. A colpirmi è l’assenza di interesse nell’opinione pubblica di fronte a una decisione di grande rilevanza: nessuno pare interessato alla cosa. L’Italia invia armi a una parte in guerra e questo resta un tema esclusivamente parlamentare (coi numeri striminziti che avete visto), mancano i consueti fiumi di commenti, critiche o approvazioni. Regna il silenzio, mentre scorre l’Agosto
Perchè questo disinteresse?
La prima interpretazione possibile è che probabilmente, come dicevo all’inizio, siamo troppo impegnati a farci i selfies qua o là, è Agosto, siamo un po’ rimbambiti e la nostra coscienza è in ferie.
Oppure, seconda interpretazione più cattiva, non fa più comodo perdere tempo con certe cose, perchè non è di moda e non ci si ricava niente, anzi, si fa solo la figura degli sfigati
Ricordo il 2003, quando l’Italia decise di accodarsi al mondo occidentale e intervenire in Iraq contro la canaglia Saddam Hussein, lo stesso che dopo essere stato foraggiato negli anni 80 era poi divenuto il nemico agli inizi dei 90 (invase il Kuwait, e anche lì intervenimmo). In quell’epoca, sulla scia del risveglio di proteste più o meno ideologizzate scaturite nel post G8 di Genova, dai Social Forum e dal pacifismo salì una forte protesta che raccolse grossi consensi e molta partecipazione, anche in settori ben lontani da quelli tradizionalmente di sinistra. La manifestazione esterna più evidente, a parte gli embarghi (rari e a intermittenza) alle multinazionali nella spesa di tutti i giorni, fu il dilagare di bandiere della pace appese alle finestre. Erano davvero ovunque
Dove sono finiti, adesso, quelli che nel 2003 appendevano le bandiere della pace? Molti, quasi tutti, sono ancora qui con noi, ma di fronte a una decisione così di grande importanza non si fanno sentire. Evidentemente i tempi sono cambiati e dai social forum, tanto di moda un tempo, ora si è passati ai social networks e anche i “big”, quelli che fanno tendenza, sono altrove.
Jovanotti non canta più Salvami prendendosela ingloriosamente con la Fallaci, ma canta d’amore, vendendo molti più dischi. Non va da Vespa a litigare coi nostri ministri degli esteri, anche perchè Vespa nemmeno fa la trasmissione. Il suo amico Bono Vox, compagno di tante battaglie, ora fa gli spot a Renzi. E gli altri eroi della moda pacifista del 2003? O sono rimasti al 2003 e come dischi incantati parlano nostalgicamente di cose che non esistono più, oppure sono in altre faccende affaccendati. Come biasimarli, d’altronde? Teniamo tutti famiglia
Eppure l’assist ci sarebbe. Ci sarebbero tutti gli elementi per scrivere due righe, magari sempre su Facebook. Basterebbe farsi un selfie con scritto “In 11 anni in Iraq non avete risolto niente, avevamo ragione noi nel 2003“. Sarebbe una grande rivincita e un invito a chi ci governa a non rifare nuovamente errori, perchè quando si arma qualcuno (vedi Saddam negli anni 80) c’è sempre il rischio che poi la cosa si ritorca contro. Ma evidentemente questo selfie non interessa a nessuno. O non conviene