{rokbox title=| :: |}images/limousine.jpg{/rokbox}Fa sorridere la richiesta dei Deep Purple in arrivo ad Arezzo per il Play Art Festival (suonano il 23 Luglio): 200 chili di ghiaccio al giorno e una limousine per gli spostamenti. Roba da rockstar, che può far discutere ma quella dei Purple è una presenza che anche se non esclusiva (faranno altre tappe in Italia) restituisce ad Arezzo un ruolo centrale sul piano dei festival musicali, un ruolo che il nostro capoluogo di provincia non era più riuscito ad avere nel dopo-Arezzo Wave. Invece quest’anno il Play, finalmente, è riuscito a guadagnarsi un ruolo importante, affiancando ai mostri sacri dell’hard rock una band storica italiana, i Litfiba, riuniti dopo tanti anni. Due appuntamenti di rilievo. Band sicuramente attempate, legate più al passato che al presente, musicisti che probabilmente hanno rimasto poco di nuovo da dire, ma che ancora attraggono molto pubblico.
Proprio il live dei Litfiba, previsto per la sera del 24, è quello più atteso e ha fatto sfaceli al botteghino.
Il problema però non è tanto quella della limousine chiesta dai Deep Purple, o che al Play si tenda sempre a puntare sull’old style lasciando alle nuove tendenze uno spazio risicato o quasi inesistente, ma dei soldi che si chiedono al pubblico. 30 euro per questi concerti sono francamente troppi, anche se va detto che ormai il “gratuito” o il prezzo “a buon mercato” in Italia è un miraggio. Il Play però riceve molti soldi pubblici e altrove, usufruendo di finanziamenti pubblici, si riesce ancora a fare qualcosa di interessante e gratuito.
Insomma: se i Deep Purple sicuramente, per tutto quello che hanno fatto nella loro scintillante carriera, la limousine se la meritano è forse il pubblico a non meritarsi di dover pagare 30 euro per vederli suonare.